Gli italiani, dopo la coda alle urne, continueranno ad aspettare Godot.

Sociologia elettorale. Nulla più. Eppure, pur nell’assoluta irrilevanza delle prossime elezioni Politiche, tema che abbiamo argomentato in lungo e in largo, con articoli, trasmissioni e conferenze, non possiamo esimerci dall’analizzare lo stato delle cose. Perché più dolenti che volenti, in ogni caso, dalle urne uscirà la prossima legislatura.

Ciò che sappiamo con certezza, qualunque sarà il prossimo governo, è che si continuerà con l’agenda Monti. E che dunque, quel governo, a meno di un intervento militare di contenimento, non durerà a lungo: troppo grandi i problemi, troppo pesanti le misure da far digerire, troppo degenerata la situazione sociale nel nostro Paese per far filare tutto così liscio come è stato di fatto nel corso del 2012. Ciò non toglie che subiremo nuove misure draconiane. E che probabilmente svenderemo ai soliti noti parte del patrimonio pubblico. Stile Grecia, per intenderci senza infingimenti.

A meno che, beninteso, non vi sia un exploit del MoVimento 5 Stelle e di Grillo ma attenzione: come sappiamo, anche in quel caso – che è tema ormai all’ordine del giorno – non è che ci si possa aspettare chissà quale stravolgimento. Cose nuove, certo, ci sarebbero. Difficile però pensare che esse possano cambiare lo stato delle cose sui temi che più contano (sovranità, Europa, moneta, finanza). Che è poi il motivo cardine di tutta la nostra testatina “Astensionarie” con la quale abbiamo commentato e spiegato tutta la campagna elettorale in corso e che termina proprio oggi.

I sondaggi più recenti, ad ogni modo, danno il Pd ancora in vantaggio sul resto, ma con percentuali troppo risibili per poter governare. Anche il centro di Monti potrebbe non bastare. Prepariamoci dunque (ripetiamo: a meno di stravolgimenti grillini che comunque non cambierebbero i punti nodali della questione) al solito pateracchio di governo.

Dopo lo spoglio – che commenteremo insieme lunedì prossimo nello speciale Noi Nel Mezzo dedicato proprio a questo tema qui sul sito – ci sarà dunque il balletto delle consultazioni e infine (molto alla fine) il governicchio tenuto insieme dalla Coccoina di Napolitano verso una nuova legislatura irrilevante ai fini di un cambiamento che si dovrebbe invece auspicare e promuovere. L’unica novità saranno i grillini in Parlamento, che in ogni caso ci saranno. Per chi si accontenta. E gode, mentre continua a prenderlo in quel posto.

Ma anche questo è discorso che abbiamo affrontato più e più volte.

In ogni caso ci sono più certezze che incognite, se ci pensiamo bene, ancora prima di conoscere il risultato elettorale. Le incognite sono irrilevanti: quali le novità, infatti, davvero di peso per pensare che le cose possano radicalmente cambiare? Poche, pochissime, a vedere bene, per il momento, nessuna all’orizzonte.

Le certezze sono né più né meno che quelle delle ultime legislature, e in modo particolare del governo Monti. Chiunque guiderà il governo, è lì che dovrà andare a parare, ovvero a prendere e rispettare come diktat riferimenti sovranazionali per “governare”: Merkel, banksters, troika (Bce, Ue e Fmi).

Gli italiani, dopo la coda alle urne, continueranno ad aspettare Godot.

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Chi sono i poteri forti

Quando la locuzione “poteri forti” fu coniata, nei primi anni della Seconda Repubblica, si riferiva a Confindustria, a parti della magistratura, ai servizi segreti, alla massoneria, e anche ai potentati economici internazionali. Insomma, a istituzioni pubbliche e private molto diverse tra loro, e unite solo dal non avere natura rappresentativa, cioè dall’essere esterne, o a volte ostili, all’esercizio trasparente del potere, alla sua fonte originaria di legittimità (il popolo), e ai suoi canali d’espressione politica (i partiti) e istituzionale (il parlamento e il governo). Davanti a questi poteri (recentemente evocati da Mario Monti perché il suo governo avrebbe perso il loro appoggio), la democrazia rappresentativa è debole proprio in quanto potere pubblico, sfidato da forze che sono di volta in volta elitarie, segrete, nascoste, private, illegali. In quest’ottica, è il popolo a esercitare un potere fittizio, universale, artificiale, a cui si contrappongono poteri reali, opachi, ristretti, “naturali” perché fondati sull’antichissima base del privilegio. Poteri, inoltre, che non accettano il rischio dell’esercizio diretto, fosse anche nella forma dell’oligarchia; e che assumono la veste del potere indiretto, di un potere, cioè, che si cela, oppure che nega di essere potere, per non sottostare a regole comuni e per non rispondere della propria azione. All’origine della filosofia politica moderna il potere indiretto era quello esercitato sulle coscienze dalla Chiesa cattolica (non menzionata nell’elenco consueto dei poteri forti, benché lo sia, con ogni evidenza), a cui le élites laiche rispondevano con il potere dello Stato, con la costruzione della sovranità, col potere invincibile di tutti.

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Da due secoli a questa parte in Occidente si è partiti dall’idea di liberare l’uomo ma si è arrivati col renderlo schiavo

 

Da due secoli a questa parte in Occidente si è partiti dall’idea di liberare l’uomo ma si è arrivati col renderlo schiavo. Parto dalla fine per spiegare il fallimento della democrazia rappresentativa, che i padri liberali volevano fosse un certo tipo di governo, ma creandolo hanno guadagnato l’esatto opposto. Il problema di fondo, che da una più ampia visuale contemporanea ingloba crisi economica – dunque sociale – e crisi tra governanti e governati sfociate in rivolte degli indignados in Spagna, Italia, Inghilterra e America, è uno solo: la coerenza. Ad ogni regime, democratico e non, dalla parte del cittadino si è sempre chiesto coerenza. Significa che se un regime governativo si prefissa degli obiettivi a lungo o a corto termine, questi obiettivi, che diventano promesse nei confronti della società, devono essere raggiunti. Il sistema feudale, ad esempio, è funzionato discretamente per diversi secoli. I patti erano chiari: i contadini e gli artigiani lavoravano e mantenevano la comunità, mentre i signori, in cambio, li difendevano dai nemici esterni. Quando poi il patto venne meno, ed i signorotti si trasferirono a Versailles imparruccati e imbellettati, delegando il potere di difesa ad altri, la borghesia li cacciò a pedate.

Le rivolte di oggi, insomma, sono rivolte che rispondono all’incoerenza della democrazia rappresentativa. Per tornare ai giorni nostri, infatti, noteremmo che la liberaldemocrazia ha promesso una sostanziale uguaglianza tra gli uomini, un livellamento d’equilibrio tra ricchi e poveri, garanzie sociali per i più bisognosi, diritti inscindibili come quello al lavoro e allo studio; ma soprattutto aveva promesso un tipo di governo definito “del pubblico sul pubblico”. Ecco: niente di tutto questo è stato sufficientemente mantenuto. I ricchi di oggi sono molto più ricchi dei nobili dell’Ancien Regime – anche perché la ricchezza basata sulla terra ha dei limiti fisici, quella finanziaria no), ed i poveri di oggi sono molto più poveri rispetto a quelli di una volta, che almeno potevano permettersi una casa e del bestiame. Il diritto al lavoro è un diritto sancito dalla Costituzione, ma un lavoro precario è un diritto non acquisito. Il governo del pubblico sul pubblico, ovviamente, è una bestemmia democratica, dato che il cittadino è sovrano soltanto quando si reca alle urne – e talvolta nemmeno in questo caso -: una volta eletti i rappresentanti guardano più agli interessi particolari delle lobby che gestiscono il potere economico anziché l’interesse generale delle società.

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La verità di Carlos

“Voglio raccontare la mia verità in Italia. Sono pronto a dire tutto ciò che so sull’attentato alla stazione di Bologna davanti a un magistrato italiano”. Firmato, Ilich Ramirez Sanchez, ossia ‘Carlos lo sciacallo’, il più famoso terrorista del mondo. Carlos, 61 anni, venezuelano, sta scontando l’ergastolo in Francia (per vicende francesi) ma ora chiede di parlare davanti a un tribunale italiano per dire ciò che sa sulla bomba che il 2 agosto 1980 uccise 85 persone e ne ferì più di 200.
Dopo aver letto un articolo del Resto del Carlino che lo riguardava, inviatogli dal suo avvocato milanese Sandro Clementi, ha deciso di scrivere una lettera che, tramite il collega bolognese Gabriele Bordoni, è stata recapitata al nostro giornale. La missiva, scritta nel carcere di Poissy, reca la data del 15 agosto.
“Egregio signore — scrive Carlos a Clementi — ho letto l’articolo… Io riconfermo tutte le mie dichiarazioni che riguardano l’attentato alla stazione di Bologna di 30 anni fa. Ho lottato contro i veri terroristi, i terroristi di Stato, fin da quando avevo 14 anni”.

Il magistrato italiano Enrico Cieri, titolare dell’indagine, l’ha sentito come persona informata sui fatti nell’aprile 2009 a Poissy. Carlos gli ha spiegato: “La bomba non l’hanno messa né i rivoluzionari né i fascisti. Quella è roba della Cia e del Mossad, i servizi italiani e tedeschi lo sanno bene. L’Italia è una colonia degli Stati Uniti”. Poi, però, al momento di fornire ulteriori dettagli, si è fermato: “Voglio parlare davanti a una Commissione parlamentare in Italia”. Stop.
Adesso, però, lo Sciacallo è pronto a fare di più. Scrive: “Voglio confermare tutte le mie dichiarazioni sull’argomento davanti a un tribunale italiano, in Italia”. Letto fra le righe, come spiegano i due avvocati, è pronto a fornire i dettagli mai detti finora. Ed è pronto a farlo non davanti a una commissione parlamentare (come pure preferirebbe), ma davanti ai magistrati. Non è finita, nel chiudere la lettera aggiunge un particolare nuovo e importante: “La mia ex moglie, Magdalena Cecilia Kopp, può confermare in un tribunale italiano le informazioni che mi ha fornito 30 anni fa su Thomas Kram e Bologna”. Dunque, l’ex moglie Kopp saprebbe molte cose. La Kopp, dopo aver tradito il terrorista, è in Germania e collabora da tempo con la giustizia tedesca, ma non con quella italiana. Cosa farà ora?
“Carlos è un inquinatore — dice l’avvocato Clementi — ma sui fatti di Bologna ha sempre avuto una posizione chiara e sono convinto che gli elementi li abbia”. Ora la parola passa ai magistrati italiani, che potrebbero chiedere l’estradizione (improbabile) o sentirlo per rogatoria, in Italia. Lo Sciacallo attende. Firmato: “Vostro nella Rivoluzione, Carlos”.

Da Strage di Bologna:Carlos rilancia la pista della CIA e del Mossad, di Gilberto Dondi