Mahmaoud Ahmadinejad che cosa fa adesso?

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Eletto due volte alla presidenza dell’Iran, compiuto il suo secondo mandato, sconfitto alle ultime elezioni, Mahmaoud Ahmadinejad che cosa fa adesso? Ha ripreso il suo lavoro di professore all’università di Teheran, dove insegna ingegneria.
Eccolo mentre va al lavoro sui mezzi pubblici, come qualunque altro cittadino. Senza auto blu, senza scorta, non disturbato dagli altri passeggeri. Poveramente vestito come al solito.
Naturalmente, l’Iran è una teocrazia demoniaca e irrazionale, non una democrazia come la nostra.
Noi abbiamo la più bella Costituzione del mondo. Ma non ricordiamo di alcun politico italiano che, disfatto alle elezioni, torni alla sua vita lavorativa. Nemmeno il professor Mario Monti è tornato alla Bocconi; ma lì forse il problema è che alla Bocconi, una volta che se ne sono liberati, non lo vogliono. Lo stiamo mantenendo noi cittadini, come senatore a vita. A Teheran non sembra esistano cariche di senatori a vita dispensate dalla Guida Suprema. Un popolo incivile.

Pronti per la prossima follia messianica

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Ci risiamo, eccoli di nuovo che stanno caricando la loro feroce macchina umanitaria, pronta a lanciare l’ennesima guerra, che sarà necessariamente giusta e santa, come da sempre tute le guerre dei bulli della storia che non avrebbero altre giustificazioni d’addurre se non la loro arroganza (ricordiamo le bugie atomiche sull’Iran, terroristiche per l’Afghanistan e umanitarie su Gheddafi).

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Bring the boys back home

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Da quanti anni, ormai, i paesi Nato sono in guerra con mezzo mondo islamico? Ne abbiamo persa la percezione del tempo. Era l’11 settembre del 2001, l’attacco alle torri gemelle sconvolse il mondo, Bin Laden assurse al ruolo di nemico pubblico numero uno e, per non farsi mancare niente, si aggiunse alla black list dei nemici da eliminare il mai dimenticato Saddam Hussein. Da lì alla guerra in Irak e Afghanistan, il passo fu breve. Prima, fu la volta di una disastrosa missione in Somalia per combattere i  proto-terroristi islamici travestiti da signori della guerra, poi giunsero i bombardamenti alla Libia fino alla macellazione di Gheddafi, domani forse sarà la volta della Siria o dell’Iran. Ne L’Arte della Guerra il compilatore Sun Zu sostiene che le operazioni belliche per arrecare un vantaggio alla nazione attaccante, devono essere vincenti e veloci, poiché «se l’esercito è impegnato troppo a lungo, le risorse statali risultano insufficienti»

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Peggio di così, c’è solo il voto.

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Quando un Paese non è in grado di esprimere una seria leadership politica e, pertanto, proiettarsi con le sue idee e visioni peculiari in un mondo in costante evoluzione, quando è incapace di programmare il suo avvenire, prossimo e lontano, diventa facile preda degli istinti rapaci degli avvoltoi della finanza e delle bestie sociali più retrive (industriali, economiche, ideologiche), le quali assorbono tutte le energie dello Stato distruggendo le ultime speranze di ripristinare un corso degli eventi più favorevole alla collettività, mentre ci si trova nel bel mezzo di una tempesta sistemica globale.

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Lo spirito della resistenza è vivo

1. I falchi israeliani descrivono se stessi come impegnati in un “processo di pace” con i palestinesi cui Hamas si rifiuta di aderire. Invece Israele si è rifiutata di smettere la colonizzazione e il furto di terra palestinese per un periodo abbastanza lungo per potersi impegnare in negoziati fruttuosi con loro. Israele annuncia regolarmente nuove costruzioni di case nella zona palestinese della Cisgiordania. Non c’è alcun processo di pace. E’ una finzione israeliana e americana. Parlare di un processo di pace significa dare copertura ai nazionalisti israeliani che sono decisi ad arraffare tutto quello che hanno i palestinesi e ridurli a profughi privi di mezzi di sostentamento (ancora una volta).

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Ogni notizia , anche la più innocente – leggetela alla luce della geografia e della storia. Due volte.

Oggi per scoprire segreti militari basta un satellite o anche un Drone delle dimensioni di una mosca.
Un servizio segreto serve a preparare e vincere una guerra, possibilmente senza combatterla, mediante il condizionamento della pubblica opinione.
Ciò può avvenire mediante aggressione mediatica diretta ( es la BBC inglese con l’Italia 1940-1945) o la penetrazione capillare di idee opportunamente teleguidate che trasformino in verità assoluta un interesse politico ben identificato dalla geopolitica.

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