Frank Cornelissen Il vulcano nel bicchiere

Chiedete di lui a Solicchiata (microscopico centro abitato sul versante nord dell’Etna), ormai lo conoscono tutti. Vi indicheranno dov’è casa sua, ma non dove trovarlo. Frank è sempre in movimento. Un personaggio che, dato il contesto in cui è inserito, potremmo definire senza ombra di dubbio “vulcanico”. Non lo trovate? Avete provato da Sandro Dibella? Beh, lui è un amico di Frank e ha un bar. Il bar di paese più strano ed eno-centrico che vi possiate aspettare. E non sarà difficile che qui, inseguendo l’ombra del nostro fantomatico vigneron, possiate curiosamente imbattervi in : 1) produttori naturali della Loira 2) spaesati turisti enogastronomici 3) endemici vecchietti che sorseggiano con disinvoltura uno spumantino di Casa Coste Piane o un Bourgogne di Pierre Morey.

Se anche giocarvi questa carta a nulla è valso (sfortunati!), non vi resta che aspettare al civico 281 della Nazionale, prima o poi la jeep di Frank passerà di li. Mettiamo il caso che riusciste nell’impresa di placcarlo, vi avverto, trovereste di fronte a voi un bizzarro belga che conosce le contrade dell’Etna meglio di un Matusalemme autoctono. Infatti, se cercate qualcuno che vi racconti il territorio, beh , avete trovato pane per i vostri denti: Frank Cornelissen, ha un rapporto col vulcano che stenterete a credere. Tutto ciò è frutto di una sensibilità e di una vivacità intellettiva che non ha paragoni.

Frank è arrivato sull’Etna perché sapeva che in queste terre ed in pochi altri posti al mondo avrebbe potuto realizzare vino come solo lui aveva in mente di fare. I terreni, il clima e le escursioni termiche, la presenza di antiche varietà di vite (spesso in vigne franche di piede), l’incombenza visiva e morale de “La Montagna” (così è chiamato il vulcano dai suoi abitanti), devono essere state attrazioni inimmaginabili per chi come lui è legato con un filo doppio alla natura e al senso del cosmo. Fatto stà che, visti i presupposti, “La Montagna” è diventato il suo parco giochi.

Al momento Frank lavora una decina di ettari di vigna sparsi sul vulcano, appezzamenti vecchi e nuovi impiantati ad alberello, un vero e proprio meltin’ pot ampelografico. Qui, infatti, accanto alle varietà più osannate (Nerello Mascalese e Carricante in primis), troverete le meno note: minnella bianca e nera, grecanico dorato, francisi e chi più ne ha più ne metta. Il tutto corredato dalla volontà di non praticare una coltura mono-varietale che stresserebbe il terreno. E dunque dove è possibile: grano, ortaggi, legumi, alberi da frutto e olivi. Come viene curata, in questo bailamme vegetale, la sacra vigna? Nella maniera più semplice ed accurata possibile, seguendo i passi degli anziani ed una rinnovata armonia con la natura. Il segreto è la cura maniacale nell’assecondare la terra: tutto è eseguito manualmente e nulla di chimico interagisce con i terreni.

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