Un nuovo colpo al mito della solidità dei nostri istituti di credito

Ieri c’è stato un calo generalizzato delle quotazioni di quasi tutte le maggiori banche italiane sul mercato azionario. Perdite medie che vanno dal 3 al 6 per cento, con punte anche del 10, come nel caso dell’Unione Banche Italiane. Pare che il patatrac sia stato creato proprio da quest’ultima, un’alleanza di istituti di credito, quinto gruppo bancario del paese, e dal suo annuncio di voler aumentare il proprio capitale fino a un miliardo di euro entro l’estate. L’aumento di capitale, si sa, non è un buon segno. Di solito è la reazione a una situazione debitoria preoccupante, alla concreta previsione di attivi tutt’altro che consistenti o al pericolo di un dissesto.

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La prima volta di Obama

Ci sono voluti dieci giorni prima che Barack Obama spiegasse pubblicamente al suo paese le ragioni dell’intervento militare americano in Libia. In un discorso durato poco meno di mezz’ora e pieno di retorica e menzogne, il Presidente degli Stati Uniti ha giustificato l’ennesima aggressione illegale contro un paese arabo con false motivazioni umanitarie, nascondendo a fatica gli interessi imperialistici di Washington e degli alleati europei impegnati nel conflitto.

Di fronte ad un pubblico di ufficiali, alla National Defense University di Washington Obama ha fatto di tutto per minimizzare l’impegno statunitense in Libia. La stessa volontà di non parlare alla nazione dalla Casa Bianca e di evitare la fascia del prime time televisivo ha rivelato le intenzioni del presidente, ben deciso a spacciare l’aggressione alla Libia come un’operazione limitata e il coinvolgimento delle proprie forze armate come ridotto al minimo indispensabile.

Un appello diretto del presidente agli americani era stato richiesto da più parti nei giorni precedenti. In molti tra i due schieramenti politici avevano criticato la decisione di Obama di autorizzare un’azione militare senza il voto del Congresso, come prevede la Costituzione. Non sussistendo alcun pericolo di attacco immediato contro gli Stati Uniti, infatti, la Casa Bianca non avrebbe l’autorità per dare il via libera a una guerra in maniera unilaterale. Obama da parte sua ha sostenuto di essersi consultato con i leader del Congresso prima di ordinare l’intervento, una mossa a suo dire sufficiente alla luce degli obiettivi limitati della campagna militare in Libia.

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Clara Schumann, la forza della volontà

Nel 1857, Clara Wieck-Schumann scriveva al violinista Joseph Joachim: «Ho dovuto cancellare il concerto. I dolori alle braccia sono tornati, ho passato una notte terribile» . Clara componeva musica, come il marito Robert Schumann, ed era una pianista: fu una delle prime donne a tenere concerti in giro per l’Europa, ma la sua vita di musicista fu minata dal dolore cronico . Un dolore contro cui divette combattere per anni e che derivava proprio dalla passione per il pianoforte, instillata dal padre fin da piccolissima. Papà Friedrich Wieck nel 1815, quattro anni prima che Clara nascesse, aveva aperto a Lipsia una scuola per musicisti; quando si rese conto che Clara aveva un talento musicale innato (a quattro anni già sapeva suonare a orecchio alcune melodie) iniziò a insegnarle il pianoforte. Friedrich era un maestro inflessibile, ma illuminato: profondo conoscitore delle teorie pedagogiche di Pestalozzi e Rousseau, non voleva che Clara si stancasse, per cui ogni giorno la bimba suonava per tre ore, poi per altre tre ore doveva fare esercizio fisico all’aria aperta. Perché non accumulasse tensioni, Friedrich insegnò a Clara a suonare mantenendo gomiti e polsi rilassati, con la massima economia dei movimenti; la sottoponeva a esercizi di stretching per le dita, le insegnava la postura migliore al piano. Clara suonò per la prima volta in pubblico a dieci anni: già allora chi la ascoltava restava incantato dalla perfezione della tecnica, dalla creatività e dalla dolcezza di giovanissima pianista.

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