Water, Oil and Demographics:

Nel mondo una persona su cinque non ha accesso a fonti d’acqua potabile, è innegabile quindi il fatto che siamo già di fronte ad una crisi globale dell’acqua. Tuttavia la scarsità dell’acqua non ha a che fare solamente con la sua mancanza fisica, entrano qui in gioco anche fattori quali il potere, la povertà e la diseguaglianza. Giappone e Cambogia, per esempio, hanno precipitazioni atmosferiche medie molto simili (circa 160 cm all’anno) ma, mentre il consumo del giapponese medio è di circa 400 litri al giorno in Cambogia si arriva ad appena un decimo del consumo giapponese.

Gli effetti convergenti della crescita della popolazione, del cambiamento climatico e dello sfruttamento energetico renderanno la scarsità dell’acqua una questione ancor più problematica. Medio Oriente e Nord Africa sono aree particolarmente vulnerabili a questo problema, contando che rappresentano il 6.3% della popolazione globale e hanno a disposizione solamente l’1.4% dell’acqua potabile del pianeta , inoltre tre quarti dell’acqua disponibile di questa regione è nelle mani di soli quattro stati: Iran, Iraq, Siria e Turchia, per di più, 15 dei paesi con maggiore scarsità idrica nel mondo -con una media di meno di 1000 metri cubi di acqua potabile l’anno per persona- si trovano anch’essi in questa regione: Algeria, Libia, Tunisia, Giordania, Qatar, Arabia Saudita, Yemen, Oman, Emirati Arabi, Israele e Palestina, l’acqua potabile disponibile per otto di questi paesi è meno di 250 metri cubi.

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L’universale del bene comune

La crisi economica mondiale sta producendo una recessione che diviene ogni giorno più profonda. Consumi che si contraggono, fabbriche che chiudono o delocalizzano la produzione nei paesi a basso costo di manodopera, opportunità di lavoro che si riducono drasticamente, tenore di vita di molte famiglie in caduta libera, in alcuni Paesi si palesa una crescente insofferenza sociale, sono tutti elementi di una nuova realtà, per molti versi antitetica rispetto a quella degli ultimi decenni del secolo scorso, vissuti all’insegna della crescita e dello sviluppo.

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Piantar l’albero per chi seguirà

Le società antiche capivano che non c’è vita sociale possibile senza considerare l’ambiente naturale. Citando Catone («Piantar l’albero per chi seguirà»), Cicerone scrive nel De senectute: «Alla domanda “Perché lo pianti?”, risponde senza esitare: “Gli Dei immortali vogliono che ereditare dagli ascendenti non mi basti, ma che anche trasmetta ai discendenti” . La riproduzione durevole è stata infatti regola d’ogni cultura fino al XVIII secolo. Ogni contadino di una volta era un inconsapevole esperto in «sostenibilità».

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