McItaly sì, McPuddu’s no

Quando gli è arrivata la diffida dell’ufficio legale di McDonald’s, Ivan Puddu non credeva ai propri occhi. Ma ha reagito con l’arma dell’ironia. Sostituendo il suffisso mac sull’insegna del suo locale con l’inglese “censored”: censurato.

«Vi indirizzo la presente in nome e per conto della assai nota società statunitense McDonald’s International, che rappresento in Italia nel settore della proprietà intellettuale e industriale». Ivan Puddu, il giovane imprenditore di Santa Maria Navarrese creatore del fast food McPuddu’s, non credeva ai suoi occhi, qualche giorno fa, nel leggere l’incipit della lettera inviatagli da uno studio legale di Roma: il colosso americano della ristorazione veloce minacciava azioni legali nei suoi confronti. Il motivo? Il nome del locale richiama troppo esplicitamente il marchio noto a livello mondiale per hamburger e affini.

SOPRESA «Sono rimasto allibito – racconta il giovane Puddu – anche perché la mia intenzione non era certo quella di sfruttare il marchio americano a fini pubblicitari. Il mio intento è sempre stato quello di valorizzare il fastfood alla sarda, a base di prodotti alimentari della nostra terra, come i culurgiones, disponibili anche in versione “da passeggio».

GUERRA LEGALE Ma la McDonald’s da qualche tempo sta conducendo una lotta a livello planetario contro tutte le insegne che evocano in qualche modo il marchio, e così anche il McPuddu’s è entrato nel mirino dello studio legale romano Siblegal, che si occupa della questione in Italia. «La McDonald’s è venuta a conoscenza del fatto che state usando il segno McPuddu’s come marchio apparentemente non registrato e come insegna per servizi di ristorazione – si legge nella missiva legale – e come potete comprendere l’uso di McPuddu’s per tali servizi rappresenta una violazione dei diritti anteriori della McDonald’s, dal momento che crea un chiaro rischio di confusione».

Ignaro degli aspetti legali che l’uso del suffisso Mc poteva avere, Puddu ha già bissato l’idea goliardica, dallo scorso anno, con un secondo locale aperto nella frazione baunese, gestito dalla fidanzata Martina Loi e specializzato in frappè e frullati alla frutta: il McFruttus. «E la McDonald’s ci ha diffidato anche in questo caso – racconta Martina Loi – con una lettera uguale in tutto e per tutto a quella inviata al McPuddu’s».

AUTOCENSURA La prima conseguenza della minacciosa azione della multinazionale americana è da qualche giorno evidente nell’insegna del locale di Via Lungomare: il suffisso Mc è coperto dalla scritta “censored” e sostituito dal suffisso ben più sardo ‘De’, che ha trasformato il nome del fast food in DePuddu’s. «In attesa di valutare l’opportunità di combattere a livello legale – spiega Puddu – abbiamo preferito modificare l’insegna, e anche alla Camera di Commercio abbiamo cambiato il nome per non avere problemi».

PRECEDENTE Puddu e Loi hanno scoperto che nel nord Italia c’è chi sta vivendo la stessa odissea. Si tratta di un fast food piemontese che nell’insegna ha scritto ‘MacBon’ (per richiamare l’espressione dialettale “ma che bon!”), minacciata dalla multinazionale americana come il McPuddu’s e il McFruttus. «Siamo in buona compagnia – sorridono i giovani imprenditori – e ci dispiace passare per furbacchioni. Volevano solo far intendere che si può mangiare veloce anche alla sarda». Ma alla McDonald’s International, dove non sembra abbondare l’ironia, non paiono intenzionati ad appoggiare l’iniziativa.

Frank Cornelissen Il vulcano nel bicchiere

Chiedete di lui a Solicchiata (microscopico centro abitato sul versante nord dell’Etna), ormai lo conoscono tutti. Vi indicheranno dov’è casa sua, ma non dove trovarlo. Frank è sempre in movimento. Un personaggio che, dato il contesto in cui è inserito, potremmo definire senza ombra di dubbio “vulcanico”. Non lo trovate? Avete provato da Sandro Dibella? Beh, lui è un amico di Frank e ha un bar. Il bar di paese più strano ed eno-centrico che vi possiate aspettare. E non sarà difficile che qui, inseguendo l’ombra del nostro fantomatico vigneron, possiate curiosamente imbattervi in : 1) produttori naturali della Loira 2) spaesati turisti enogastronomici 3) endemici vecchietti che sorseggiano con disinvoltura uno spumantino di Casa Coste Piane o un Bourgogne di Pierre Morey.

Se anche giocarvi questa carta a nulla è valso (sfortunati!), non vi resta che aspettare al civico 281 della Nazionale, prima o poi la jeep di Frank passerà di li. Mettiamo il caso che riusciste nell’impresa di placcarlo, vi avverto, trovereste di fronte a voi un bizzarro belga che conosce le contrade dell’Etna meglio di un Matusalemme autoctono. Infatti, se cercate qualcuno che vi racconti il territorio, beh , avete trovato pane per i vostri denti: Frank Cornelissen, ha un rapporto col vulcano che stenterete a credere. Tutto ciò è frutto di una sensibilità e di una vivacità intellettiva che non ha paragoni.

Frank è arrivato sull’Etna perché sapeva che in queste terre ed in pochi altri posti al mondo avrebbe potuto realizzare vino come solo lui aveva in mente di fare. I terreni, il clima e le escursioni termiche, la presenza di antiche varietà di vite (spesso in vigne franche di piede), l’incombenza visiva e morale de “La Montagna” (così è chiamato il vulcano dai suoi abitanti), devono essere state attrazioni inimmaginabili per chi come lui è legato con un filo doppio alla natura e al senso del cosmo. Fatto stà che, visti i presupposti, “La Montagna” è diventato il suo parco giochi.

Al momento Frank lavora una decina di ettari di vigna sparsi sul vulcano, appezzamenti vecchi e nuovi impiantati ad alberello, un vero e proprio meltin’ pot ampelografico. Qui, infatti, accanto alle varietà più osannate (Nerello Mascalese e Carricante in primis), troverete le meno note: minnella bianca e nera, grecanico dorato, francisi e chi più ne ha più ne metta. Il tutto corredato dalla volontà di non praticare una coltura mono-varietale che stresserebbe il terreno. E dunque dove è possibile: grano, ortaggi, legumi, alberi da frutto e olivi. Come viene curata, in questo bailamme vegetale, la sacra vigna? Nella maniera più semplice ed accurata possibile, seguendo i passi degli anziani ed una rinnovata armonia con la natura. Il segreto è la cura maniacale nell’assecondare la terra: tutto è eseguito manualmente e nulla di chimico interagisce con i terreni.

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