American dream

I nuovi dati resi noti qualche giorno fa dall’Ufficio del Censimento degli Stati Uniti, rivelano il durissimo impatto sulla popolazione americana della recessione iniziata nell’autunno del 2008. I numeri ufficiali, pur sottovalutando gli effetti della crisi sulla classe media e i lavoratori d’oltreoceano, evidenziano sia un drammatico aumento del livello di povertà nel paese teoricamente più ricco del pianeta, sia il sostanziale fallimento dell’amministrazione Obama in ambito economico a quasi due anni dal cambio della guardia alla Casa Bianca.

A livello generale, il numero degli americani costretti a vivere al di sotto della soglia ufficiale di povertà, così come definita dal governo, nel 2009 è salito a 43,6 milioni, con un incremento di 3,8 milioni rispetto al 2008. Tale numero è il più alto mai registrato dal “Census Bureau” da quando iniziò a raccogliere i dati mezzo secolo fa. In termini percentuali si è passati dal 13,2 per cento del 2008 al 14,3 per cento dello scorso anno, cioè il tasso più elevato dal 1994.

Le conseguenze della situazione economica negli USA hanno prodotto nel paese una situazione non troppo differente da quella che aveva spinto il presidente Lyndon Johnson a lanciare la cosiddetta “Guerra alla Povertà” nella prima metà degli anni Sessanta e che aveva portato all’approvazione, tra l’altro, dell’Economic Opportunity Act e del Social Security Act, rispettivamente nel 1964 e 1965. Oggi come allora, il numero delle famiglie ridotte in povertà sfiora i nove milioni.

Come prevedibile, gli effetti più pesanti riguardano la popolazione adulta in età lavorativa e soprattutto i bambini. Tra i minori, la percentuale di povertà tra il 2008 e il 2009 è passata dal 19,4 al 20,7. Una realtà che appare il risultato di una risposa alla crisi che – con il pieno appoggio del governo democratico – ha prodotto licenziamenti di massa e drastici ridimensionamenti delle retribuzioni dei lavoratori americani. Meno peggio, relativamente, è andata invece per la popolazione anziana, protetta dalla sia pur debole rete assistenziale pubblica, la cui percentuale al di sotto della soglia di povertà è scesa dal 9,7 all’8,9.

L’incidenza della recessione più grave dagli anni Trenta del secolo scorso è risultata poi peggiore per le minoranze etniche. Se pressoché ogni gruppo razziale è stato colpito duramente, a pagare il prezzo più caro sono stati neri e ispanici. Mentre per la popolazione bianca la percentuale di persone sotto la soglia di povertà è salita al 9,4 nel 2009, per i neri è stata del 25,8 e del 25,3 per gli ispanici.

La perdita di milioni di posti di lavoro si è inoltre tradotta per molti nella perdita della copertura sanitaria, dal momento che quest’ultima negli Stati Uniti è in gran parte garantita dai contratti di impiego. Nell’anno in cui era arrivata la prima approvazione della cosiddetta riforma sanitaria del presidente Obama, il numero di americani sprovvisti di qualsiasi copertura ha sfondato il tetto dei 50 milioni (16,7 per cento) per la prima volta dal 1987. Nel 2008 i non assicurati erano 46,3 milioni, pari al 15,4 per cento della popolazione.

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