Popoli “progrediti”

La società contemporanea si basa sulla convinzione che l’uomo possa dominare la natura grazie alle sue facoltà razionali. Esiste tuttavia una profonda differenza tra razionalità e intelligenza. La razionalità è solo una componente dell’intelligenza umana, riflesso, quest’ultima, di qualcosa di più vasto e di più alto, che permea la vita in ogni sua manifestazione.
È attraverso l’intelligenza che l’essere umano avverte e comprende la dimensione del sacro. Parte essenziale dell’intelligenza umana è la sensibilità, ossia quella facoltà che ci permette di ritrovare, come ogni altra specie, la sintonia con i ritmi profondi della natura e di intuire ciò che non può essere razionalmente spiegato.
L’intelligenza ha a che fare con la totalità e, quindi, con l’armonica presenza, in ognuno di noi, del principio maschile e del principio femminile: nell’intelligenza coesistono tanto il momento passivo dell’ascolto e del silenzio, quanto il momento attivo della scelta e dell’intervento. Questo significa anche che l’intelligenza partecipa della dimensione collettiva, in cui ciascuno si riconosce come parte di qualcosa di più vasto e partecipa alla trama della vita nella sua interezza, fatta di modelli, archetipi e simboli, da un lato, di cicli, suoni e ritmi, dall’altro.
La razionalità è, invece, la capacità di elaborazione logico-matematica e di previsione a partire dai dati acquisiti con l’esperienza. Essa è espressione solo parziale dell’individuo ed è determinata da una serie di condizionamenti, fra cui spicca quello sociale. Aver attribuito alla razionalità un valore talmente elevato da farne l’unica guida dell’attività umana, ha comportato una serie di gravi conseguenze. Innanzitutto, si è verificata la rottura dell’intima relazione esistente fra umanità e natura; si è assistito alla perdita, da parte dell’individuo, del senso immediato di appartenenza alla più ampia comunità naturale; infine, si è imposta una misura del valore dell’individuo basata sul concetto di utilità, nei confronti di una società umana “razionalizzata”.
Può così instaurarsi un rapporto di dominanza, che continuamente si produce, dell’artificiale sul naturale, del materiale sullo spirituale, dei popoli “progrediti” sui popoli la cui cultura continua a basarsi sull’integrazione dell’uomo con la natura.

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Oppio per chi?

Nell’epoca in cui viviamo si parla, spesso e sempre a sproposito, di religione, religiosita’, di misticismo, come se tutti i termini fossero sinonimi, e con l’esclusione del contenuto artwork_images_424157556_176230_david-lachapelleesenziale, la sacralita’. Il decadimento dello spirito di comunita’ ad utilità societaria ha determinato la perdita di senso del sacro e la sua riduzione al criterio di religione.Quando poi la religione, e sto parlando della nostra conosciuta, ha ulteriormente ceduto sul piano dottrinale per trasformarsi in un precetto etico, in un’indicazione di morale, in una sinossi di bonta’, ecco emergere delle ulteriori degenerazioni che ormai usualmente (e a volte impropriamente) vengono inglobate nel termine onnicomprensivo di New AGE o nuova religiosità !?!

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