Paolo barnard e Clementina Forleo

Sono a casa del giudice Clementina Forleo, una sera di tempo fa, e la vedo che legge un sms. Mi fa “E’ Travaglio, ancora insulti”. Chi è la Forleo? Semplice: un giudice che aveva messo le mani su D’Alema e compagni, e dopo un attimo l’hanno bruciata viva, schiacciata sotto cento procedimenti disciplinari del CSM, insultata, le hanno dato della pazza, trasferita da Milano a un buco in provincia, cioè: da La Torre a giudicare ladri di telefonini. E non è escluso che abbiano tentato di ammazzarla, una sera di tempo fa mentre rientrava a casa in auto un tizio l’ha letteralmente buttata fuori strada. Sopravvissuta per un miracolo, con la faccia distrutta.

L’altra che aveva messo le mani sul centrosinistra e Goldman Sachs, la giudice Giuseppa Geremia, altrettanto massacrata, minacce di morte alla madre, terrore totale per mesi, ha scelto di mollare e ora da Roma sta in Sardegna. Avete mai sentito di un giudice che indaga su Berlusconi e che abbia rischiato la vita o sia stato minacciato di morte? Eh? Mai sentito? No. Mai. Chi tocca centrosinistra-Sachs sta peggio che i giudici puliti sotto Pinochet in Cile. Chi tocca Berlusconi va da Fazio e vende 200.000 copie di libri con l’altro Fazio, quello di Chiarelettere. Chiamarsi Fazio porta fortuna, il resto porta sfiga. Svegliatevi tonti!

E De Magistris? Toghe Lucane, Why Not, sì, esatto caro Luigi, why not, perché no? Perché non ne parli più di quelle inchieste? Zitto, di colpo non parli più di inchieste, stai in politica ed esalti l’Europa dei mostri neoliberisti che ci stanno ammazzando. E anche per te la Forleo è un’appestata. Luigi che hai fatto? Non lo so. Però oggi stai zitto, col tuo amico Genchi, sul perché un intero capitolo molto scomodo del libro di quest’ultimo è di colpo sparito dall’edizione che è nelle librerie. Travaglio sa tutto? Ma certo. Borsellino sa tutto? Chi lo sa. La Forleo non li ha più sentiti, nessuno dei due.

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Giochiamo a Risiko

L’invasione dell’Afghanistan
“L’invasione del 2001 dell’Afghanistan controllato dai talibani, è stata avviata con l’obiettivo di stabilire un punto d’appoggio in Asia centrale e una base di operazioni per isolare l’Iran, dividere gli eurasiatici uno dall’altro, per impedire la costruzione di gasdotti in corso attraverso l’Iran, per allontanare i Paesi dell’Asia centrale da Mosca, per prendere il controllo del flusso di energia dell’Asia Centrale e per soffocare strategicamente i cinesi.
Ma soprattutto, il controllo dell’Asia centrale sconvolgerebbe la “Nuova Via della Seta” in corso di formazione dall’Est asiatico al Medio Oriente ed Europa dell’Est. E’ questa “Nuova Via della Seta” che fa della Cina la prossima superpotenza globale. Così, la strategia degli Stati Uniti in Asia centrale è destinata a impedire, in definitiva, l’emergere della Cina come superpotenza globale, impedendo ai cinesi di avere l’accesso alle risorse energetiche vitali di cui hanno bisogno. La rivalità tra Stati Uniti e Unione europea con la Russia, per le vie di transito dell’energia, deve essere giudicata assieme al tentativo d’impedire la costruzione di un corridoio energetico trans-eurasiatico che congiunga la Cina al Mar Caspio e al Golfo Persico.”

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La verità di Carlos

“Voglio raccontare la mia verità in Italia. Sono pronto a dire tutto ciò che so sull’attentato alla stazione di Bologna davanti a un magistrato italiano”. Firmato, Ilich Ramirez Sanchez, ossia ‘Carlos lo sciacallo’, il più famoso terrorista del mondo. Carlos, 61 anni, venezuelano, sta scontando l’ergastolo in Francia (per vicende francesi) ma ora chiede di parlare davanti a un tribunale italiano per dire ciò che sa sulla bomba che il 2 agosto 1980 uccise 85 persone e ne ferì più di 200.
Dopo aver letto un articolo del Resto del Carlino che lo riguardava, inviatogli dal suo avvocato milanese Sandro Clementi, ha deciso di scrivere una lettera che, tramite il collega bolognese Gabriele Bordoni, è stata recapitata al nostro giornale. La missiva, scritta nel carcere di Poissy, reca la data del 15 agosto.
“Egregio signore — scrive Carlos a Clementi — ho letto l’articolo… Io riconfermo tutte le mie dichiarazioni che riguardano l’attentato alla stazione di Bologna di 30 anni fa. Ho lottato contro i veri terroristi, i terroristi di Stato, fin da quando avevo 14 anni”.

Il magistrato italiano Enrico Cieri, titolare dell’indagine, l’ha sentito come persona informata sui fatti nell’aprile 2009 a Poissy. Carlos gli ha spiegato: “La bomba non l’hanno messa né i rivoluzionari né i fascisti. Quella è roba della Cia e del Mossad, i servizi italiani e tedeschi lo sanno bene. L’Italia è una colonia degli Stati Uniti”. Poi, però, al momento di fornire ulteriori dettagli, si è fermato: “Voglio parlare davanti a una Commissione parlamentare in Italia”. Stop.
Adesso, però, lo Sciacallo è pronto a fare di più. Scrive: “Voglio confermare tutte le mie dichiarazioni sull’argomento davanti a un tribunale italiano, in Italia”. Letto fra le righe, come spiegano i due avvocati, è pronto a fornire i dettagli mai detti finora. Ed è pronto a farlo non davanti a una commissione parlamentare (come pure preferirebbe), ma davanti ai magistrati. Non è finita, nel chiudere la lettera aggiunge un particolare nuovo e importante: “La mia ex moglie, Magdalena Cecilia Kopp, può confermare in un tribunale italiano le informazioni che mi ha fornito 30 anni fa su Thomas Kram e Bologna”. Dunque, l’ex moglie Kopp saprebbe molte cose. La Kopp, dopo aver tradito il terrorista, è in Germania e collabora da tempo con la giustizia tedesca, ma non con quella italiana. Cosa farà ora?
“Carlos è un inquinatore — dice l’avvocato Clementi — ma sui fatti di Bologna ha sempre avuto una posizione chiara e sono convinto che gli elementi li abbia”. Ora la parola passa ai magistrati italiani, che potrebbero chiedere l’estradizione (improbabile) o sentirlo per rogatoria, in Italia. Lo Sciacallo attende. Firmato: “Vostro nella Rivoluzione, Carlos”.

Da Strage di Bologna:Carlos rilancia la pista della CIA e del Mossad, di Gilberto Dondi

Aspettando Godot

È da qualche giorno che canticchio ossessivamente un Battisti d’antan — «eh no eh no / non è questione di cellule / ma della scelta che si fa / la mia è di non vivere a metà…».
Perché l’assalto di lunedì scorso alla Mavi Marmara da parte delle truppe israeliane è uno di quegli eventi — come l’11 settembre, come l’attacco al Libano, come l’operazione Piombo fuso — che non possono essere ammortizzati dall’orrore quotidiano che permea le nostre vite e ottunde le nostre coscienze: al contrario, esso va letto come un discrimen epocale, ovvero come un fatto lacerante che esige una presa di posizione. La esige in modo necessario, strutturandosi in forma di imperativo etico al quale tutti sono chiamati a rispondere, e a nessuno è concesso sottrarvisi.
Quando dico “tutti”, naturalmente, mi riferisco a tutti coloro che in un modo o nell’altro, da una parte o dall’altra, fanno politica (o credono di farlo) — l’optimum sarebbe occuparsi del Politico, ma io non sono mai contenta.

Fare come se non fosse successo niente è da pavidi o, peggio ancora, da opportunisti.

Sulla pavidità, bisogna esser concilianti: come diceva el mè don Lisander, «il coraggio uno non se lo può dare». Ma poiché (oggi sono in vena di citazioni) «L’amore è la più difficile e pericolosa forma di coraggio. E il coraggio è la più disperata, ammirevole e nobile forma d’amore» (lo dice Delmore Schwartz, e voglio crederci), mi vien da pensare che magari i pavidi amano troppo se stessi per far cadere anche una sola briciola di compassione da condividere con l’altrui sofferenza. O magari, più semplicemente, son proprio fifoni — e morta lì. Sugli opportunisti, il discorso è più complesso. Devo ammettere che i loro equilibrismi e le loro perigliose arrampicate sui vetri (di fronte a cui persino il più temerario free climber si dichiarerebbe impotente) meriterebbero il riconoscimento di specialità olimpionica. Ma di fronte alla carne ed al sangue, un essere umano normodotato deve pur avere un fremito e dire forte e chiaro quello che pensa — e forse è proprio questo, il punto: pensano, gli opportunisti? O si lasciano pensare da altri? Ovvero astutamente e subdolamente procedono senza posa verso il proprio bene come le amebe che istintivamente si ritraggono dal pericolo?

Domande difficili. Fatto sta che a destra come a sinistra è tutto un pullulare di casuismi ed eccezioni e distinguo e “ma” e “però″ che, giratela come volete, permettono sguisciamenti serpentini che si traducono, di fatto, in un’assenza di posizione che assomiglia parecchio al fluttuare degli astronauti in assenza di gravità — si gira un po’ di qui e un po’ di lì, ci si urta, ci si capovolge, si ruota su se stessi, si è in continuo movimento senza fare concretamente nulla. Tutto questo non impedisce di parlare (talvolta): si dice no ai fondamentalismi, si invoca l’equidistanza, si discetta sull’appartenenza ideologica dei pacifisti — e non si prende posizione. Si fa dell’attendismo: ma attenzione, perché aspettando Godot si muore.

Letterariamente, costoro si conquistano un posto di diritto nell’Antinferno, poiché sono ignavi. Nella realtà io, fuori dei denti, dico che chiunque in questi giorni non abbia manifestato apertamente il suo dissenso nei confronti dell’attuale governo e delle sue scelte criminali si schiera per ciò stesso al fianco degli oppressori, ed è moralmente responsabile del sangue versato — da decenni nella Palestina occupata e da pochi giorni nelle acque internazionali al largo di Gaza. Non si faccia finta di non saperlo, e si abbia il buon gusto di non invocare machiavelliche strategie alla Sun Tzu — meglio Feltri e quelli come lui, allora, che si sono schierati.
Ci si guardi allo specchio, ci si chieda «Da che parte voglio stare?» e ci si dia una risposta, marzullianamente ma schiettamente. Il resto è chiacchiera.

Le 15 regole del calcio in Medio Oriente

REGOLA N° 1: Gli Israeliani possono giocare sulle due parti del campo; i Palestinesi possono giocare solo nella loro metà campo.
REGOLA N° 2: Per ragioni di sicurezza, è proibito ai Palestinesi di passarsi il pallone fra di loro, poiché il pallone potrebbe colpire un giocatore israeliano.
REGOLA N° 3: Nel campo israeliano non ci sarà la porta.
REGOLA N° 4: La squadra israeliana è autorizzata a segnare gol in qualsiasi momento, ivi compreso l’intervallo.
REGOLA N° 5: Per ragioni di sicurezza, nessun tifoso palestinese è ammesso fra gli spettatori. Per le stesse ragioni, sono ammessi solo tifosi israeliani.
REGOLA N° 6: Spetta agli Israeliani scegliere i giornalisti sportivi e il contenuto dei loro
articoli.
REGOLA N° 7: La squadra israeliana incoraggia i giocatori palestinesi a segnare dei gol
nella loro porta. Quelli che si rifiuteranno saranno definiti terroristi ed
interdetti dal gioco.
REGOLA N° 8: I giocatori palestinesi sono autorizzati a lasciare il terreno di gioco; a
nessuno di loro è permesso di rientrarvi, ma possono farsi sostituire da
giocatori israeliani.
REGOLA N° 9: La squadra israeliana sceglie l’arbitro e gli indica dove deve guardare.
REGOLA N° 10: Il capitano della squadra palestinese viene nominato dalla squadra avversaria.
REGOLA N° 11: I falli degli Israeliani non possono essere trasmessi in televisione.
REGOLA N° 12: Israele è autorizzato a recuperare il denaro donato dagli sponsor delle
squadre palestinesi.
REGOLA N° 13: Solo i giocatori israeliani hanno il diritto di farsi la doccia.
REGOLA N° 14: La squadra palestinese giocherà dove e quando Israele lo deciderà.
REGOLA N° 15: Naturalmente, queste regole valgono solo per i Palestinesi. La squadra
israeliana è autorizzata a cambiare le regole in ogni momento. Non è
necessario avvertire i Palestinesi dei cambiamenti .
REGOLA N° 1: Gli Israeliani possono giocare sulle due parti del campo; i Palestinesi possono giocare solo nella loro metà campo.
REGOLA N° 2: Per ragioni di sicurezza, è proibito ai Palestinesi di passarsi il pallone fra di loro, poiché il pallone potrebbe colpire un giocatore israeliano.
REGOLA N° 3: Nel campo israeliano non ci sarà la porta.
REGOLA N° 4: La squadra israeliana è autorizzata a segnare gol in qualsiasi momento, ivi compreso l’intervallo.
REGOLA N° 5: Per ragioni di sicurezza, nessun tifoso palestinese è ammesso fra gli spettatori. Per le stesse ragioni, sono ammessi solo tifosi israeliani.
REGOLA N° 6: Spetta agli Israeliani scegliere i giornalisti sportivi e il contenuto dei loro articoli.
REGOLA N° 7: La squadra israeliana incoraggia i giocatori palestinesi a segnare dei gol nella loro porta. Quelli che si rifiuteranno saranno definiti terroristi ed interdetti dal gioco.
REGOLA N° 8: I giocatori palestinesi sono autorizzati a lasciare il terreno di gioco; a nessuno di loro è permesso di rientrarvi, ma possono farsi sostituire da giocatori israeliani.
REGOLA N° 9: La squadra israeliana sceglie l’arbitro e gli indica dove deve guardare.
REGOLA N° 10: Il capitano della squadra palestinese viene nominato dalla squadra avversaria.
REGOLA N° 11: I falli degli Israeliani non possono essere trasmessi in televisione.
REGOLA N° 12: Israele è autorizzato a recuperare il denaro donato dagli sponsor delle squadre palestinesi.
REGOLA N° 13: Solo i giocatori israeliani hanno il diritto di farsi la doccia.
REGOLA N° 14: La squadra palestinese giocherà dove e quando Israele lo deciderà.
REGOLA N° 15: Naturalmente, queste regole valgono solo per i Palestinesi. La squadra israeliana è autorizzata a cambiare le regole in ogni momento. Non è necessario avvertire i Palestinesi dei cambiamenti.