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Le metafore di Obama
Il discorso dI Obama sull’invio di nuovi soldati in quella che iniziò come guerra del golfo, darà senz’altro avvio in terra patria a una serie infinita di dibattiti su fatto se anche la colonia italiana dovrà mandare ascari o meno sulle montagne afgane. Il tutto a partire dal buon Obama all’ultimo dei politologi italiani non e’ e non sarà altro che un panorama di metafore. Facciamo qualche passo indietro: vi ricordate il segretario di stato Baker? Citando testualmente le sue parole vaticinava; Saddam è seduto sulla nostra linea della vita economica. Il presidente di allora un certo Bush dipingeva Saddam come uno che esercita “una stretta mortale” sulla nostra economia. Il generale Schwarzkopf caratterizzava l’occupazione del Kuwait come uno “stupro” e a gran voce si faceva portatore del suo presidente., affermando che; gli Usa sono nel golfo ,per proteggere la, libertà, il nostro futuro,e proteggere gli innocenti e che dobbiamo ricacciare indietro Saddan.Hussein.
Passano i presidenti ma il tono rimane sempre quello , di grande crociata a difesa della civiltà occidentale
Saddam era visto come Hitler. Questo è il punto fondamentale,per comprendere che ruolo sta giocando il pensiero metaforico nel condurci nuovamente alla guerra . Il pensiero metaforico in se stesso non è buono ne cattivo: è semplicemente inevitabile e banale. Le astrazioni e le situazioni troppo complesse vengono comunemente comprese mediante metafore. Esiste infatti un sistema di metafore, esteso,e principalmente inconscio , che noi usiamo in modo automatico per comprendere le complessità e le astrazioni. Parte di questo sistema è impegnato a capire le relazioni internazionali e la guerra. Attualmente sappiamo abbastanza , riguardo a questo sistema per avere un idea di come funzioni. La comprensione delle metafore di una situazione è articolata in due momenti .
Primo: esiste una serie di metafore diffuse e relativamente fisse che struttura il nostro modo di pensare ;per esempio, la decisione di entrare in guerra dovrebbe essere vista sotto forma di un analisi costi-vantaggi , in cui la guerra giustificata laddove i costi dell’intervento bellico siano minori rispetto ai costi derivati dal non entrare in guerra.
Secondo: esiste una serie di definizioni metaforiche che ci permette di applicare una data metafora a una particolare situazione .In questo caso, deve esserci una definizioni di “costi”
L’uso di una metafora con il suo bagaglio di definizioni diventa pernicioso quando nasconde la realtà in maniera nociva. E’ importante distinguere ciò che è metaforico da ciò che non lo è. Il dolore ,la morte, la povertà il ferimento,e la perdita di persone care non sono metaforici. Sono reali: e in guerra possono colpire decine ,forse centinaia di migliaia di essere umani reali, siano Iracheni,Afgani,Americani, o Italiani nel nostro caso. Gli esperti di strategia militare e relazioni internazionali utilizzano una metafora relativa all’analisi costi-vantaggi . Questo tipo di analisi passa attraverso una metafora che è considerata implicita dalla maggior parte degli analisti nell’area della politica internazionale. E’ la metafora di Clausewitz:<< la guerra è politica continuata con altri mezzi >> Karl von Clausewitz era un generale e polemologo prussiano che percepiva la guerra nei termini dell’analisi politica costi/vantaggi .Ogni nazione-stato ha degli obiettivi politici , e la guerra può essere funzionale a tali obiettivi. I guadagni politici devono essere valutati alla luce dei costi accettabili .Quando i costi della guerra sono maggiori dei guadagni politici , la guerra dovrebbe cessare. A questo punto si inserisce un’altra metafora implicita : la guerra è un business ben amministrato , cosi un governo ben condotto dovrebbe tenere una attenta contabilità dei costi e dei guadagni. Questa metafora per caratterizzare la politica , insieme alla metafora di Clausewitz, fa della guerra una questione di analisi costi/vantaggi:definire “obbiettivi”vantaggiosi , misurare i “costi” e decidere se conseguire gli obiettivi vuol dire “dare un valore” ai costi. Il “New York Time “ del 12/11/1990 più o meno si esprimeva in questi termini<< è iniziato un dibattito nazionale riguardante l’eventuale intervento militare americano nel golfo>> Il Times descriveva il dibattito nei termini definiti di Clausewitz e , quindi sollevava la questione <<Quale è l’obiettivo della nazione nel golfo? E quale livello di sacrificio può valere?>> Lo stesso dibattito è avvenuto nelle audizioni de Clausewitz l comitato per le relazioni estere del senato ( Senate Foreign Relations Commitee ) , in cui la metafora di . forniva l’intelaiatura dentro la quale molte discussioni hanno avuto luogo fino a partorire l’invio di alt Clausewitz ri 30.000 soldati americani in Afghanistan e chissà quanti Europei . L’ampia accettazione della metafora di suscita interrogativi vitali:
Che cosa ,esattamente , la rende metafora piuttosto che una letterale verità?
Perché sembra cosi naturale per gli esperti di politica estera?
Come si inserisce nel sistema complessivo delle metafore per la comprensione delle relazioni estere e della guerra ?
E ciò che più conta , quali realtà nasconde ?