Così si esprime la gente riferendosi al comportamento dei politici, degli amministratori e dei lupi rapaci in genere. Ed ha ragione da vendere. Certamente costoro dovrebbero vergognarsi. Ma anche chi impreca contro i disonesti dovrebbe vergognarsi di non aver fatto niente per ostacolare la loro ascesa.
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Che fare ?
Renzi è scomparso dalla scena del PD. Sembra difficile che possa rientrarvi con le primarie a cui ha accennato qualche giorno fa. Si dice che possa finire nelle braccia di Monti, percorso comunque coerente perché il significato della sua autocandidatura a premier avrebbe avuto il significato di un governo “Monti” senza il premierato Monti, ma più forte grazie al partito trasversale finanziario emergente Renzi-Luttwak. Fuori uno. Adesso – a fronte di un programma minimo di Bersani interessante anche se incompleto, che non risolve in particolare il problema di dove trovare i soldi per quanto promesso tranne che non si assuma finalmente la questione della rendita da sovranità monetaria – le palla sta a Grillo e a Berlusconi.
“Così” dissero “non ruberemo più”.
I partiti interpellano le Sibille Cumane, cambiano nome, elaborano sofisticate strategie per catturare gli ‘indecisi’. Ma gli ‘indecisi’ non sono affatto indecisi, sono decisissimi: a non andare a votare. O, in subordine, a dare il proprio consenso a Grillo che è quasi la stessa cosa perché 5 Stelle è innanzitutto un movimento contro i partiti.
Sono più di trent’anni che i partiti, impadronitisi dello Stato, ci menano per il naso. A metà degli anni ’70, dopo l’emergere dei primi scandali, i partiti proposero un referendum per il loro finanziamento pubblico. “Così” dissero “non ruberemo più”.
Vuoi vedere che il popolo si sveglia
Un italiano su tre spera in una rivoluzione. Il sondaggio che qualche giorno fa mi è capitato tra le mani era stato commissionato dalle Acli, dalle associazioni cattoliche dei lavoratori, un’associazione moderata. Per questo l’ho conservato
Inquietudine – Certo, i sondaggi rivelano tutto e rivelano nulla però fotografano comunque uno stato d’animo. E qual è lo stato d’animo degli italiani? Inquieto. Perché? Perché sono stati illusi e traditi. Illusi da chi quella rivoluzione l’aveva promessa senza arrivare a nulla che non fosse la conservazione dello stato attuale di cose. Forse per questo la domanda di rivoluzione resta immutata. Vale la pena chiarirsi sul significato di rivoluzione
Demagogia
1. Uscita dell’Italia dalla NATO (e conseguente smantellamento di tutte le basi americane in Italia);
2. Ricostituzione delle Partecipazioni Statali (quelle smembrate all’inizio degli anni ’90 dalla cricca Amato-Ciampi-Draghi-Prodi);
4. Nazionalizzazione della FIAT;
5. Messa al bando di tutte le logge massoniche di ogni ordine grado (veri tentacoli dell’imperialismo americano in Italia).
A questi cinque punti se ne potrebbe aggiungere un sesto, di politica estera, quella politica estera che è la pietra miliare di ogni autentica sovranità nazionale: accordi di partenariato strategico con i seguenti paesi, Iran, Siria, Russia, Cina, Turchia, Venezuela, Brasile, Nicaragua, Bolivia e Cuba.
Grillo & di pietro
Indignazione a getto continuo
C’è una persona che nell’ultimo scorcio di anni ha riassunto in sé questo malessere facendolo esplodere sulla Rete, unica frontiera rimasta sostanzialmente libera dalla polizia del pensiero unico: Beppe Grillo. I suoi monologhi nei tendoni gremiti di gente pagante per farsi due risate intelligenti sono diventati post incendiari, j’accuse quotidiani che dal suo seguitissimo blog inchiodano la disinformatija profusa dai media ufficiali, svelandone tutto il servilismo e l’autocensura. Beppegrillo.it è la punta di diamante di un antisistema d’opinione che sfrutta la libertà e l’economicità di internet per fare il controcanto all’establishment politico e giornalistico. E il che è bene, s’intende. I vari Travaglio, Gomez e Corrias, i Giulietto Chiesa e il suo Megachip, le Randazzo, i Blondet, i Ricca, i Comedonchisciotte, Luogocomune e Disinformazione sono i nomi e le sigle più note di questo vasto arcipelago di guastatori dell’agorà mediatica.