In Svizzera, nel giro di poche settimane, si sono suicidati due top manager: Pierre Wauthier, 53 anni, direttore finanziario di Zurich, colosso delle assicurazioni, e Carsten Schloter (nella foto), 49 anni, leader di Swisscom Telecomunicazioni. Wauthier era pressato dal suo capo perché raggiungesse obiettivi sempre più alti, finché, non potendone più, si è tolto la vita. Ancora più indicativo il caso di Schloter che aveva lasciato scritto: “Non puoi stare connesso con il lavoro 24 ore su 24, non puoi cancellare la famiglia, non puoi scordarti i figli, non puoi scordarti la vita”. Continua a leggere |
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Mughini: ovvero le cazzate di un radical chic
In uno dei suoi innumerevoli libri sul ’68 (non ha scritto d’altro), ‘Compagni, addio’, del 1987, Giampiero Mughini, seppur già ‘pentito’, rabbrividendo dipiacere dall’alluce al capezzolo e bagnandosi anche il pannolino (lui sostiene che è un perizoma, ma è un pannolino, oggi pannolone, perchè è sempre stato incontinente), racconta che nel giugno del 1979 un comunicato del latitante Franco Piperno, uno dei personaggi più ambigui degli ‘anni di piombo’, leader di Potere Operaio (PotOp per gli amici, ‘molotov e champagne’ per gli altri perchè era zeppo di figli dell’aristocrazia e dell’alta borghesia romana), contiguo, per non dir di più, dei terroristi Morucci e Faranda, fu scritto in casa sua, nella sua cucina, e con la sua Lettera 32.
Oggi, 2012, Giampiero Mughini sul Sole 24 Ore on line, sede quanto mai appropriata, fa un’apologia dei soldi, senza celare il suo intellettualedisprezzo per chi non li ha fatti. Il Mughini sembra avere un feticismo coprofago per il denaro. Seduto sul water, dove abitualmente scrive, gode sia nel ritenerlo che, ma più moderatamente, nell’evacuarlo. “Il denaro è poesia…emana un profumo inebriante…il fruscio delle banconote da venti o cento euro quando il cassiere te la mette in mano per cambiare l’assegno…e meglio ancora se gli zeri nella cifra in alto a destra sono parecchi…i soldi fungono da barometro della libertà di tutti, della democrazia reale, della civiltà di una società matura”.
Burattini tecnologici
Marx è ancora attuale ?
Il merito di Karl Marx è di avere identificato nella “reificazione”, cioè nella riduzione dell’uomo stesso a cosa, a oggetto, l’aspetto centrale della società mercantile (anche se il termine “reificazione verrà coniato dal marxismo successivo). Ed è inoltre quello di aver colto la tendenza del capitale all’espansione illimitata, con conseguente rivoluzione continua dei modi di vita, dei costumi, delle mentalità umane. Questi temi sono ancora attuali, anzi attuali più che mai.
Oltre a questi meriti indiscutibili, il pensiero marxiano è però gravato da una lunga serie di presupposti infondati.
Per prima cosa, l’antropologia marxiana è totalmente errata perché fa coincidere, dai Manoscritti economico-filosofici (1844) in poi, l’essenza dell’uomo con il lavoro. Parte quindi dallo stesso punto di partenza di Adam Smith, cioè del fondatore dell’economia politica e teorico del libero mercato. Sebbene le conclusioni a cui poi giunge Marx siano molto diverse da quelle di Smith, il punto di partenza è lo stesso. Non è quello di Aristotele e nemmeno quello di Hegel. E’ quello del pensiero economicista puro, dell’uomo ridotto a faber, a colui che trasforma il mondo con il suo lavoro e lo manipola tecnicamente. La socialità dell’uomo, la sua politicità innata (Aristotele) è quindi subordinata al lavoro. La sua religiosità, costitutiva dell’umano, come ben sanno gli antropologi, è addirittura negata con argomenti estremamente rozzi (la religione come “oppio dei popoli”).
Un altro aspetto del pensiero di Marx, spesso trascurato, è il suo nichilismo di fondo. Prima ancora di Nietzsche e Stirner, Marx è un convinto nichilista. Nel Manifesto dei comunisti (1848), scritto con Friedrich Engels, afferma che non esistono verità eterne, quindi principi veramente universali. Non scrive solo che i grandi principi sbandierati dalla borghesia del suo tempo non sono realmente universali, ma sostiene molto di più, cioè che non esistono verità eterne, quindi principi davvero universali al di là della contingenza storica nel quale vengono espressi. Dipendono dalla struttura sociale, o meglio economica, sono espressione dei rapporti di produzione sui quali si fonda la società. Sono nient’altro che le idee delle classi dominanti. Se l’affermazione di Marx è corretta, ciò significa che non esistono principi etici (e tantomeno metafisici) razionalmente fondati. Cioè che in ambito morale non esiste alcuna verità oggettiva ed eterna, ma tutto è storicamente relativo. Siamo quindi già nel campo del relativismo, anzi del nichilismo, conseguente al fatto che Marx non solo non crede in Dio, ma non crede nemmeno nella ragione morale, nella capacità della ragione umana di fondare la morale.
Mele marce o frullato impazzito?
La crisi dei mercati finanziari sta minando l’intera struttura del sistema economico americano, trascinando con se l’economia mondiale. Solo qualche anno fa, le crisi di credibilità finanziaria corrodevano esoticamente la periferia del sistema globalizzato, oggi hanno raggiunto il cuore pulsante della megamacchina occidentale. Le Borse sono ormai da almeno un decennio strutturalmente legate alla distribuzione del reddito e perciò alla stessa economia reale che non è in grado di vincolare socialmente il modello di sviluppo illimitato alimentato dal profitto delle transazioni borsistiche speculative.Sappiamo che Adam Smith, sistematizzando il pensiero economico moderno, si è basato sulle fandonie della “scarsità naturale” in funzione della manipolazione produttiva e del passaggio dal baratto allo scambio quale progresso inevitabile per la soddisfazione dei bisogni individuali, e quindi collettivi. Conseguentemente, il mercato è una sintesi “liberale” tra la domanda e l’offerta dei beni, dove una “mano invisibile” persegue un “bene comune”.