Dyssekilde l’ecovillaggio danese

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A Dyssekilde, le case vengono costruite da volontari. Anche chi coltiva, lo fa volontariamente. E ugualmente chi si occupa del sito internet, chi aggiusta i lampioni, chi pulisce le strade. Addirittura, non vuole un soldo neppure chi governa.

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“obiezione di coscienza sul consumo di suolo”.

Per una volta il nostro paese mostra un’immagine coerente di sé. Istituzioni e cittadini si impegnano per fermare una delle peggiori piaghe dell’era moderna: il consumo di suolo. Il governo e le regioni hanno raggiunto l’accordo sul ddl contro il consumo di suolo agricolo, e intanto Tommaso Gamaleri, progettista edile, lancia un accorato appello ai colleghi per una “obiezione di coscienza sul consumo di suolo”.

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Ikea : l’essere ‘eco’ e la ‘sindrome da Lego’

Oltre al risparmio, tra i fattori che hanno decretato il successo di Ikea vi è il suo essere ‘eco’. Quanto però la multinazionale svedese low cost può essere considerata realmente sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e sociale?

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Una città è vivibile nella misura in cui i suoi abitanti la amano

La città è l’ambiente artificiale per eccellenza e, come tale, tende ad allontanare l’uomo dal proprio centro vitale, nella misura in cui lo allontana dalla natura, dal silenzio, dalle voci e dai profumi delle piante e degli animali; anche se, indubbiamente, lo avvantaggia in tutta una serie di opportunità economiche, sociali e culturali.

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Cementidefecare il suolo

Consiglio a tutti di leggere con assiduità il sito Eddyburg, dell’urbanista Edoardo Salzano. Ce ne fossero di urbanisti come lui ben lontani dalla logica oggi imperante del consumo di territorio a tutti i costi. Ebbene, proprio in un suo editoriale del 25 gennaio scorso trovo questa acuta considerazione:

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Fare la guerra al «brutto»

 

«Guardatevi intorno e cercate con gli occhi, ovunque siate, gli edifici che hanno più di mezzo secolo: è difficile trovarne uno davvero brutto. Poi fate il contrario: cercate con gli occhi, ovunque siate, gli edifici che hanno meno di una cinquantina di anni: è difficile trovarne uno davvero bello».Salvatore Settis lo ripete in ogni conferenza. Ed è sul serio così. L’idea del «bello», che era quasi «incorporata» nei nostri nonni, si è andata via via perdendo. Peggio, è stata smontata pezzo su un pezzo.Certo, il disprezzo per il passato non è una novità assoluta. Basti rileggere qualche passaggio della lettera del 1519 di Raffaello (scritta insieme con Baldassarre Castiglione) a papa Leone X. Dove il pittore lamenta il «grandissimo dolore, vedendo quasi il cadavere di quella nobil patria, che è stata regina del mondo, così miseramente lacerato». E accusa: «Ma perché ci doleremo noi de’ Goti, Vandali e d’altri tali perfidi nemici, se quelli li quali come padri e tutori dovevano difender queste povere reliquie di Roma, essi medesimi hanno lungamente atteso a distruggerle?».

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