Jim Morrison- Quarant’anni fa: il 3 luglio del 1971.

Bello, era bello. Di una bellezza apollinea. Guardatelo con la barba: non vi sembra un poeta greco? E seminudo? Non lo scambiereste per un androgino? Uno di quegli esseri meravigliosi e puri che per poter toccare un attimo, Pasolini diceva essere disposto a morire. Ma nello sguardo – in quel suo sguardo! – c’èra Dioniso: il dio della frenesia estatica, dell’ebbrezza, delle forze vitali liberate dai condizionamenti che costringono l’essere alle catene delle regole condivise ed accettate dall’ “umano, troppo umano”. Jim Morrison, uno e bino: metà Apollo, metà Dioniso. E dove cominciava una metà e finisse l’altra non è certo. Anzi e meglio: lui era il luogo dove le due metà si confondono nella poesia. “Muore giovane chi è caro agli Dei” dice una massima greca. Non sono convintissimo della saggezza del detto. Ma se così fosse, morire a ventisette anni deve essere una garanzia del particolare occhio di riguardo che i signori dell’Olimpo gli hanno riservato. Quarant’anni fa: il 3 luglio del 1971.

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John Galbraith

John Galbraith aveva appena pubblicato il suo libro sulla crisi del 1929. Si chiamava Il grande crollo. Gli capitò, nella libreria dell´aeroporto, di chiedere quante copie ne avessero vendute. Nessuna. Riflettendo, capì che quello era l´ultimo posto dove qualcuno avrebbe comprato un libro con quel titolo.

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