Lo zucchero è pieno di vita!

Lo zucchero è pieno di vita! Così recitava lo slogan di una pubblicità televisiva di qualche tempo fa, mandata in onda a sostegno delle vendite di un prodotto, ad onor del vero, già acquistato diffusamente in grande quantità in Italia come anche nel resto del mondo, perlomeno da quella parte di popolazione che si dichiara “benestante”. Probabilmente la necessità di finanziare una campagna pubblicitaria sullo zucchero si dimostrò necessaria a fronte della escalation di prodotti contenenti dolcificanti alternativi, a zero calorie, o dal diffondersi della cultura salutistica dello zucchero di canna grezzo. In realtà l’italiano medio, pur non rinunciando mai durante la giornata al piacere di un bel caffè con uno o magari due bustine di zucchero, è ancora ben lontano dalle quantità ingerite più o meno cosciamente dalla popolazione di altri paesi, anche se il divario tende via via a ridursi. Abbiamo sempre la tendenza ad importare le abitudini alimentari peggiori, sostituendo la tradizionale cucina nostrana mediterranea, invidiata e imitata altrove, con una pseudo alimentazione moderna, agghiacciante, fasulla e nociva. Ma rimanendo in tema e parlando solo di zucchero: quanti medici o ricercatori si sono presi il disturbo di documentarsi sui reali effetti che questa sostanza provoca nell’organismo umano? E’ veramente “pieno di vita”? E’ un alimento sano e/o nutriente? E’ vero come diceva il medico a mia madre quando ero piccolo che “fa male solo al portafogli dei genitori che lo comprano?” Beh, personalmente mi permetto di dissentire vivamente, e mi spiego. Tecnicamente, lo zucchero, il comune saccarosio per intenderci, è un carboidrato raffinato 8 volte in più rispetto alla farina bianca, e a parte il glucosio, (che comunque viene spesso aggiunto nei prodotti dolciari industriali unitamente allo zucchero) e l’elemento che più velocemente entra in circolo nel sangue dopo la sua assunzione, e come vedremo gli effetti sono tuttaltro che positivi. Come tutti sanno, è un alimento che contiene calorie, molte in percentuale al peso, rispetto ad altri alimenti, ma non è un nutriente, difatti quelle dello zucchero vengono anche definite calorie ‘vuote’. Per fare un esempio, se paragoniamo il numero di calorie di una certa quantità di zucchero con le stesse calorie assunte con la carne, quest’ultima contiene anche

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American dream

I nuovi dati resi noti qualche giorno fa dall’Ufficio del Censimento degli Stati Uniti, rivelano il durissimo impatto sulla popolazione americana della recessione iniziata nell’autunno del 2008. I numeri ufficiali, pur sottovalutando gli effetti della crisi sulla classe media e i lavoratori d’oltreoceano, evidenziano sia un drammatico aumento del livello di povertà nel paese teoricamente più ricco del pianeta, sia il sostanziale fallimento dell’amministrazione Obama in ambito economico a quasi due anni dal cambio della guardia alla Casa Bianca.

A livello generale, il numero degli americani costretti a vivere al di sotto della soglia ufficiale di povertà, così come definita dal governo, nel 2009 è salito a 43,6 milioni, con un incremento di 3,8 milioni rispetto al 2008. Tale numero è il più alto mai registrato dal “Census Bureau” da quando iniziò a raccogliere i dati mezzo secolo fa. In termini percentuali si è passati dal 13,2 per cento del 2008 al 14,3 per cento dello scorso anno, cioè il tasso più elevato dal 1994.

Le conseguenze della situazione economica negli USA hanno prodotto nel paese una situazione non troppo differente da quella che aveva spinto il presidente Lyndon Johnson a lanciare la cosiddetta “Guerra alla Povertà” nella prima metà degli anni Sessanta e che aveva portato all’approvazione, tra l’altro, dell’Economic Opportunity Act e del Social Security Act, rispettivamente nel 1964 e 1965. Oggi come allora, il numero delle famiglie ridotte in povertà sfiora i nove milioni.

Come prevedibile, gli effetti più pesanti riguardano la popolazione adulta in età lavorativa e soprattutto i bambini. Tra i minori, la percentuale di povertà tra il 2008 e il 2009 è passata dal 19,4 al 20,7. Una realtà che appare il risultato di una risposa alla crisi che – con il pieno appoggio del governo democratico – ha prodotto licenziamenti di massa e drastici ridimensionamenti delle retribuzioni dei lavoratori americani. Meno peggio, relativamente, è andata invece per la popolazione anziana, protetta dalla sia pur debole rete assistenziale pubblica, la cui percentuale al di sotto della soglia di povertà è scesa dal 9,7 all’8,9.

L’incidenza della recessione più grave dagli anni Trenta del secolo scorso è risultata poi peggiore per le minoranze etniche. Se pressoché ogni gruppo razziale è stato colpito duramente, a pagare il prezzo più caro sono stati neri e ispanici. Mentre per la popolazione bianca la percentuale di persone sotto la soglia di povertà è salita al 9,4 nel 2009, per i neri è stata del 25,8 e del 25,3 per gli ispanici.

La perdita di milioni di posti di lavoro si è inoltre tradotta per molti nella perdita della copertura sanitaria, dal momento che quest’ultima negli Stati Uniti è in gran parte garantita dai contratti di impiego. Nell’anno in cui era arrivata la prima approvazione della cosiddetta riforma sanitaria del presidente Obama, il numero di americani sprovvisti di qualsiasi copertura ha sfondato il tetto dei 50 milioni (16,7 per cento) per la prima volta dal 1987. Nel 2008 i non assicurati erano 46,3 milioni, pari al 15,4 per cento della popolazione.

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Affettività postmoderna

Che effetto produrrà nella psicologia degli italiani, e dei più giovani, il fatto che ormai dalla scorsa primavera i principali media dedichino le notizie di testa alle trasgressioni sessuali di leader politici e vip di vario tipo e qualità? A cosa si deve l’esondare della cronaca politica dai propri argini tradizionali, per dilagare nella vita intima dei suoi protagonisti? C’è qualche relazione tra l’irrequietezza sessuale dei politici e la prepotente trasgressività degli adolescenti?
Se è fondata l’osservazione che il parlare troppo e morbosamente di guerra rischia di immettere il virus bellicista nelle popolazioni e nell’opinione pubblica, ci si può chiedere se dilungarsi sull’abitudine dei potenti di frequentare prostitute/i di vari generi sessuali non finisca col suscitare dapprima sconcerto, e poi emulazione, soprattutto nelle fasce “deboli”, dai giovani alle persone dotate di formazioni culturali o affettive più fragili. Chissà insomma se il messaggio: “guardate un po’ i potenti cosa fanno”, non venga percepito come: “se volete far carriera fate così”.
Nell’esperienza psicoterapeutica, ad esempio, si vede chiaramente il formarsi di una forbice, soprattutto tra i giovani. Da una parte le persone più psicologicamente strutturate si mostrano irritate di fronte allo spettacolo presentato dai media, distaccate dalle istituzioni (anche informative, giornali e televisioni), e intenzionate a dotarsi di propri criteri di giudizio, e di un proprio stile di vita, che li ripari da un costume collettivo percepito come scadente, e pericoloso. Dall’altra, soprattutto gli osservatori specializzati nelle categorie deboli e a rischio, segnalano che sempre più frequentemente il successo viene identificato con la deviazione sessuale. Come nel caso di quella madre che ha giustificato con l’intenzione di “aumentare la popolarità e il successo sociale” della figlia undicenne il proprio impegno nell’organizzarle di continuo incontri sessuali con compagni più grandi (che la donna convinceva regalando loro cariche telefoniche ed altri gadget).Il martellare dell’informazione sessuocentrica convince le persone più deboli (spesso anche malate, come nel caso appena citato), che l’avere molti rapporti sessuali fuori da ogni morale riconosciuta, sia la vera chiave per il successo oggi.
Tuttavia ciò può accadere solo per il vuoto che caratterizza ormai la sfera privata e la vita affettiva di molte persone. Per il cittadino della postmodernità, sradicato da appartenenze di classe, di territorio o di fede in gran parte abbandonate, e con un’affettività familiare fragile e provvisoria, sempre sottoposta alla possibilità di un abbandono-separazione-divorzio, la sessualità è rimasta il principale terreno di esperienze emotive. Ma la caratteristica della sessualità separata dall’affetto è quella (come avvertiva già Freud) di lasciare inappagati. Di qui la ricerca di trasgressioni.
Lo scenario ossessivamente descritto dai media nelle loro cronache sui vip, prima e al di là delle varie manovre politiche che pur lo influenzano, è soprattutto la riproduzione dell’affettività postmoderna: una vita privata devastata cui si vorrebbe ansiosamente rimediare con una sessualità sempre più trasgressiva, aiutata da sostanze euforizzanti.
I media non fanno altro che raccontare la paura/desiderio di molti, che nella realtà viene interpretata da alcuni potenti, spiati e poi denunciati dagli avversari politici.
Come già accaduto nella storia, i capi cadono preda delle patologie presenti nell’inconscio collettivo, ed interpretano i deliri in esso diffusi.