I briganti di Pontelandolfo

E ra costume secolare che ogni anno il 7 di agosto il clero coi fedeli si portasse in solenne processione dalla Chiesa Madre fino alla cappella per celebrarvi i vespri in onore di San Donato. Così avvenne anche il 7 agosto del 1861… Dopo il canto dei vespri la processione, come al solito, ritornava al luogo di partenza. In questo momento una quarantina di briganti, ingrossati da reazionari, da borbonici, da molti popolani si fanno avanti minacciosi agitando una bandiera bianca, obbligano a gridare «Viva Francesco II» e costringono il clero a cantare un Te Deum di ringraziamento con l’ intenzione di dimostrare la restaurazione del regno dei Borboni… Certo la calata dei briganti in quel giorno e a quell’ ora non era del tutto imprevista, anche perché l’ influenza di persone ragguardevoli aveva esaltato la massa dei contadini e degli operai, i quali erano già pronti per una sommossa e ne attendevano soltanto l’ incentivo… Il giorno seguente si costituì un nuovo governo che mandò subito messaggi nei paesi intorno invitando tutti alla rivolta. L’ appello non rimase inascoltato: una specie di frenesia generale invase anche le popolazioni vicine e il 9 agosto si diedero convegno a Pontelandolfo reazionari provenienti da Casalduni e Campolattaro, che, sventolando bandiera bianca e osannando a Francesco II, si accamparono in piazza Tiglio e sulle Campetelle, ormai scomparse. Al calar della sera però, temendo l’ arrivo di soldati impegnati nella lotta contro i briganti, se ne andarono e tutto piombò nel silenzio profondo, foriero di più funeste sciagure. I moti rivoluzionari e i ripugnanti crimini di quei giorni non rimasero nascosti… Così fu deciso di inviare a Pontelandolfo un drappello di 45 soldati al comando del tenente Luigi Augusto Bracci e 4 carabinieri. L’ intenzione era quella di sedare i disordini, calmare la popolazione, restaurare l’ ordine e tenere a bada le orde brigantesche. Questi giovani furono inconsapevolmente votati alla morte. Giunsero a Pontelandolfo l’ 11 agosto e in prossimità dell’ abitato cominciarono a sventolare fazzoletti bianchi dimostrando lo scopo pacifico della loro venuta… Lentamente dal Piano della Croce si avviarono nell’ interno del paese e trovarono la migliore soluzione nel rinchiudersi nel giardino della Torre per consumare un pò di pane e di vino e attendere il momento opportuno per ritornarsene. Improvvisamente si udirono colpi di fucile e le sentinelle diedero l’ allarme: si scorgevano masse di uomini, contadini e briganti accompagnati anche da donne forsennate, che si avvicinavano armati con l’ intento, evidente, di accerchiare la Torre. Fu quello però un atto di provocazione a uscire allo scoperto per rendere più facile la soppressione del drappello. I soldati, infatti, uscirono e, sparando senza colpire nessuno, si diressero attraverso le Campetelle verso la strada maestra preoccupati di non venire accerchiati e di raggiungere S. Lupo, dove risiedeva il comandante della Guardia nazionale. Disgraziatamente la manovra non riuscì… Non potendo avanzare, presero la via sottostante per Casalduni dove, forse, ritenevano di sfuggire al sicuro massacro. Ma le campane di Casalduni suonarono funebremente a stormo e numerosi ribelli e briganti, comandati dal loro capo «generale» Angelo Pica, un

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