L’ORGIA DELLA DEMOCRAZIA

Afghanistan, un’altra commedia elettorale Sabato il voto per il rinnovo della Camera bassa del parlamento di Kabul. Milioni di tessere elettorali false sono già in circolazione. E  quest’anno non ci sono nemmeno gli osservatori internazionali Sabato va in scena in Afghanistan l’ennesima farsa elettorale. Cinque milioni di afgani sono chiamati alle urne per rinnovare la Camera bassa del parlamento, la Wolesi Jirga. La regolarità del voto, questa volta, non è in discussione, nel senso che è già assodato che i brogli saranno massicci e sistematici. La moda di quest’anno sono le tessere elettorali false stampate a Peshawar  e acquistate da quasi tutti i candidati per consentire il voto multiplo ai loro sostenitori. Ne sono state vendute almeno un milione e mezzo, e sono di fattura così buona che difficilmente, nei seggi, verranno individuate come false. Di fronte a questa preannunciata orgia elettorale, la comunità internazionale, invece di moltiplicare gli sforzi per garantire un livello minimo di decenza e credibilità, ha pensato bene di ridurre drasticamente, praticamente di azzerare, il numero di osservatori elettorali. La principale squadra di monitoraggio, quella dell’Unione europea, che alle elezioni presidenziali afgane dell’anno scorso era composta da 120 osservatori, schiera questa volta ben 7 persone. Anche tutte le altre strutture straniere di monitoraggio hanno sostanzialmente abbandonato il campo, adducendo ragioni di sicurezza: l’International Republican Institute ha ridotto i suoi osservatori da 160 a 40; l’Asian Network for Free Elections, da 74 a 30, e così via. Quindi, a vigilare sulla regolarità del voto nei quasi seimila seggi elettorali afgani, sabato rimarranno solo i volontari locali della Free and Fair Election Foundation Afghanistan (Fefa), che ha già fatto sapere che riuscirà a coprire al massimo due terzi dei seggi. Brogli a parte, più che un voto per rinnovare i membri della Camera bassa, le elezioni di sabato la riconfermeranno. Il 90 per cento dei 249 deputati attuali si è infatti ricandidato e, ovviamente, sono loro ad avere la maggior probabilità di raccogliere voti. Il nuovo parlamento sarà quindi quasi identico a quello eletto cinque anni fa, ovvero – salvo rare eccezioni – una congrega di criminali di guerra, mafiosi e narcotrafficanti. Secondo un rapporto della Commissione afgana indipendente per i diritti umani, il 60 per cento degli attuali membri della Camera bassa è legata a gruppi armati, ovvero alle mai disarmate fazioni di mujaheddin dell’ex Alleanza del Nord, almeno 40 parlamentari sono tuttora ‘commander’ di tali milizie, 24 sono capi della criminalità organizzata, 17 sono noti trafficanti di droga e su 19 pendono accuse di gravi crimini di guerra e violazioni di diritti umani.

Demagogia

I cinque tabù assoluti della politica italiana, quelli che nessun candidato, da Ferrando a Fiore – passando per Di Pietro, Grillo e De Magistris – oserà mai proporre:

1. Uscita dell’Italia dalla NATO (e conseguente smantellamento di tutte le basi americane in Italia);

2. Ricostituzione delle Partecipazioni Statali (quelle smembrate all’inizio degli anni ’90 dalla cricca Amato-Ciampi-Draghi-Prodi);


3. Ricostituzione della Banca d’Italia quale Società di Diritto Pubblico (adesso è in mano agli strozzini delle banche private);

4. Nazionalizzazione della FIAT;

5. Messa al bando di tutte le logge massoniche di ogni ordine grado (veri tentacoli dell’imperialismo americano in Italia).
A questi cinque punti se ne potrebbe aggiungere un sesto, di politica estera, quella politica estera che è la pietra miliare di ogni autentica sovranità nazionale: accordi di partenariato strategico con i seguenti paesi, Iran, Siria, Russia, Cina, Turchia, Venezuela, Brasile, Nicaragua, Bolivia e Cuba.

Hieronymus Bosch

2 ottobre 1453: Nasce a ‘s-Hertogenbosch (“Boscoducale”), nel Brabante Olandese, con il nome di Jeroen Anthonis van Aken, figlio di Anthonis von Aken e di Aleyt. Prende il nome di Hieronymus Bosch probabilmente per distinguersi dal padre e dal nonno, pittori anch’essi.

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