Birre estreme La via italiana al lambic

Quando un birrofilo come Daniele Merli, homebrewer storico, sommelier Ais e consigliere MoBI, sente parlare di lambic, prende carta, penna e tastiera per raccontare lo stato dell’arte in Italia. Non ci resta che girarvi il risultato dei suoi assaggi.

“Nozze di contadini” di Pieter Bruegel “il vecchio” (pittore fiammingo del Cinquecento). L’uomo in basso a sinistra versa lambic

Il lambic è uno stile di birra prodotto fino a pochi anni fa esclusivamente nel Pajottenland, in Belgio, massima espressione birrofila della fermentazione spontanea realizzata grazie ai microrganismi presenti nell’aria. Anche l’Italia, in realtà, può vantare una “sour valley” (valle dell’acido) trasversale che va dal Piemonte all’Emilia passando per Liguria e Lombardia. Partendo da Piozzo (Cn), l’ormai noto Teo Musso del birrificio Baladin propone la Mama Kriek, prodotta come le Kriek belghe con l’aggiunta delle ciliegie griotte e da quest’anno con lieviti del ceppo Brettanomyces che conferiscono una piacevole nota animale. Sempre in Piemonte c’è da citare il neonato birrificio LoverBeer di Valter Loverier, un grande homebrewer che si è lanciato nella produzione brassicola e che realizza due ottime birre acide, la BeerBera e la Madamin. Interessanti entrambi, la prima prodotta senza l’aggiunta di nessun lievito, a fermentazione spontanea in botti di legno e con l’aggiunta di mosto di Barbera d’Alba, mentre la seconda è fermentata e maturata esclusivamente in tini di rovere. Ultima birra piemontese da citare è la Mummia del birrificio Montegioco di Riccardo Franzosi, anch’essa maturata in barrique di rovere (quelle di Walter Massa, noto produttore di Barbera e Timorasso) e imbottigliata in due versioni, con rifermentazione aggiungendo lieviti da vino oppure completamente piatta.

Continua a leggere

La verità di Carlos

“Voglio raccontare la mia verità in Italia. Sono pronto a dire tutto ciò che so sull’attentato alla stazione di Bologna davanti a un magistrato italiano”. Firmato, Ilich Ramirez Sanchez, ossia ‘Carlos lo sciacallo’, il più famoso terrorista del mondo. Carlos, 61 anni, venezuelano, sta scontando l’ergastolo in Francia (per vicende francesi) ma ora chiede di parlare davanti a un tribunale italiano per dire ciò che sa sulla bomba che il 2 agosto 1980 uccise 85 persone e ne ferì più di 200.
Dopo aver letto un articolo del Resto del Carlino che lo riguardava, inviatogli dal suo avvocato milanese Sandro Clementi, ha deciso di scrivere una lettera che, tramite il collega bolognese Gabriele Bordoni, è stata recapitata al nostro giornale. La missiva, scritta nel carcere di Poissy, reca la data del 15 agosto.
“Egregio signore — scrive Carlos a Clementi — ho letto l’articolo… Io riconfermo tutte le mie dichiarazioni che riguardano l’attentato alla stazione di Bologna di 30 anni fa. Ho lottato contro i veri terroristi, i terroristi di Stato, fin da quando avevo 14 anni”.

Il magistrato italiano Enrico Cieri, titolare dell’indagine, l’ha sentito come persona informata sui fatti nell’aprile 2009 a Poissy. Carlos gli ha spiegato: “La bomba non l’hanno messa né i rivoluzionari né i fascisti. Quella è roba della Cia e del Mossad, i servizi italiani e tedeschi lo sanno bene. L’Italia è una colonia degli Stati Uniti”. Poi, però, al momento di fornire ulteriori dettagli, si è fermato: “Voglio parlare davanti a una Commissione parlamentare in Italia”. Stop.
Adesso, però, lo Sciacallo è pronto a fare di più. Scrive: “Voglio confermare tutte le mie dichiarazioni sull’argomento davanti a un tribunale italiano, in Italia”. Letto fra le righe, come spiegano i due avvocati, è pronto a fornire i dettagli mai detti finora. Ed è pronto a farlo non davanti a una commissione parlamentare (come pure preferirebbe), ma davanti ai magistrati. Non è finita, nel chiudere la lettera aggiunge un particolare nuovo e importante: “La mia ex moglie, Magdalena Cecilia Kopp, può confermare in un tribunale italiano le informazioni che mi ha fornito 30 anni fa su Thomas Kram e Bologna”. Dunque, l’ex moglie Kopp saprebbe molte cose. La Kopp, dopo aver tradito il terrorista, è in Germania e collabora da tempo con la giustizia tedesca, ma non con quella italiana. Cosa farà ora?
“Carlos è un inquinatore — dice l’avvocato Clementi — ma sui fatti di Bologna ha sempre avuto una posizione chiara e sono convinto che gli elementi li abbia”. Ora la parola passa ai magistrati italiani, che potrebbero chiedere l’estradizione (improbabile) o sentirlo per rogatoria, in Italia. Lo Sciacallo attende. Firmato: “Vostro nella Rivoluzione, Carlos”.

Da Strage di Bologna:Carlos rilancia la pista della CIA e del Mossad, di Gilberto Dondi