Uomo e Universo: Storia e destino

.. ho visto cose che voi umani non potreste immaginare. (…). E tutti questi momenti andranno persi per sempre nel tempo come lacrime nella pioggia. E’  tempo di morire».
Queste le ultime parole di Roy in “Blade Runner”
Il film, cui viene rappresentato il mondo del 2019, dilaniato da una violenta guerra mondiale, la Terra è pressochè deserta poichè gran parte del genere umano, quelli fortunati, vive ormai nelle colonie extramondo. L’evoluzione dell’ingegneria genetica ha permesso di creare dei replicanti, androidi pressoché indistinguibili dall’uomo, più forti e più intelligenti, (almeno di pari intelligenza a quella degli ingegneri che li hanno creati) che vengono utilizzati come schiavi o oggetto di piacere nelle colonie extramondo…


Pura fantasia

Tutti questi fantasmi, ansie non saranno che ridicolaggine immensa se paragonate all’ennesima grande occasione che sta per capitarci. Questa è la profezia che Aldo Schiavone, nel suo “illuminante” libro, Storia e destino, (ed. Vele Einaudi) sembra volerci lanciare. Un saggio, un viaggio nel tempo profondo, che va a toccare i temi cruciali dell’universo, della storia, della natura e delle specie viventi dall’inizio fino ad arrivare, ai giorni nostri; al “salto di specie”, la grande avventura… Schiavone, traccia il percorso della società umana verso quello che ritiene «il  manifesto di un nuovo umanesimo» fondato sulla scienza e la tecnica. In alcuni passaggi è un saggio di antropologia culturale, in altri di storia, in altri ancora di divulgazione scientifica. Sono tanti gli spunti di riflessione offerti da questo (per me straordinario) libretto, la promessa, almeno in termini teorici, suscita lo strano desiderio di saltare oltre il presente, in un futuro ignoto e affascinante. Proverò qui a elencare – senza commento – i punti secondo me più salienti.

L’abisso dello spazio e del tempo
La Terra ha quattro miliardi e mezzo di anni; le prime forme di vita sono comparse per la prima volta – con una certa approssimazione – intorno a tre miliardi di anni fa: per circa due miliardi e mezzo di anni, però, la vita avrebbe risieduto in forme elementari e monocellulari, sostanzialmente ripetendo, a livello biologico, delle strutture basilari. Negli ultimi cinquecentosettanta milioni di anni, invece, è “accaduto di tutto”, e l’evoluzione ha cominciato improvvisamente ad accelerare producendo in un tempo relativamente breve strutture complesse, all’apice delle quali ci siamo noi, gli uomini. (…) Siamo stati ammessi fra gli spettatori dell’inizio di tutti gli inizi, dell’esordio dell’universo. E noi adesso abbiamo visto: che ci piaccia o meno – che ce ne rendiamo o no conto – nulla sarà più come prima. Presto o tardi, non potremo sfuggire. (…) esso ha un valore di un annuncio: è l’anticipazione della storia che ci attende. Sta a noi saperlo cogliere, e prepararci. (…) Pur restando nella cornice di una lentezza geologica, assistiamo a una progressiva riduzione degli intervalli (…) fra il verificarsi di cambiamenti significativi, fino a incontrare, assai tardi, il piano di scorrimento lungo il quale sulla storia della Terra e della vita si innesta quella dell’intelligenza umana e della sua capacità tecnica.”
Finalisticamente, secondo l’autore, l’uomo è l’unica forma di vita in grado di sviluppare coscientemente il proprio pensiero. Tutto questo comporta una scissione epocale tra due categorie fondamentali, quella dell’evoluzione e quella dell’intelligenza: in una parola, nella dicotomia tra natura e cultura, la seconda viaggia a ritmi più veloci della prima, in qualche modo non le corrisponde e impone il proprio ritmo al progresso di specie. L’intelligenza umana procede in maniera più rapida rispetto all’evoluzione biologica.

Spettatori dell’inizio
Il pensiero dell’inizio, la raffigurazione in cui tutto cominciò: Schiavone ragiona intorno al concetto biblico che determina la nascita di tutte le cose, fa una illuminante comparazione della “Genesi” col “Timeo” di Platone concludendone che; “l’uomo – e soltanto lui – è nelle due rappresentazioni la misura di tutte le cose: il demiurgo lavora in funzione dell’uomo; e il Dio della Bibbia stringe con lui un rapporto fatale. In entrambi, la messa in scena cosmologica è solo il travestimento di un postulato antropocentrico. (…) La Terra e i suoi abitatori non sono al centro di un bel niente: siamo confinati su un pianeta che ruota con il suo sistema intorno a una stella come miliardi di altre, ai confini estremi di una galassia come milioni e milioni di altre. Meno che polvere, perduta nello spazio e nel tempo.
Abbiamo visto cose che ci avvicinano di nuovo all’assoluto (…)” Le fotografie (NASA) che ritraggono l’universo appena nato ne hanno rovesciato il significato. “Esse ristabiliscono in modo inaspettato e molto al di là di qualunque più rosea speranza filosofica finora impensabile. (…) Quel che la scienza ci aveva tolto – minimizzando in modo spietato la nostra collocazione cosmologica – ora essa stessa ce lo restituisce sotto forma di una conoscenza tanto potente da rimettere in discussione (almeno in parte) la misura della nostra marginalità.

Uscire dall’infanzia
Per circa quaranta anni – diciamo fra il 1949 e il 1989 – il mondo ha vissuto sull’orlo del baratro atomico: uno stato che, con il dispiegamento delle armi termonucleari e missili intercontinentali fra gli anni Sessanta e Ottanta, arrivava a porre in questione – in caso di guerra totale – la stessa sopravvivenza della Terra. (..) Vista retrospettivamente, si è trattato di una situazione agghiacciante e assolutamente insostenibile, di rischio estremo (…) E’ stato un miracolo – sul quale oggi curiosamente non si riflette abbastanza – che si sia riusciti a contenere lo stress inaudito di una simile situazione e non sia accaduto l’irreparabile, peraltro più volte sfiorato (e probabilmente ignoriamo ancora episodi peggiori). (…) Non c’è altro da fare se non prepararsi a uscire dall’infanzia, e diventare adulti. La nostra preistoria sta finendo: e non c’è modo migliore di addestrarsi a una nuova condizione che cominciare a praticarla, (…) Abbiamo costruito le armi nucleari, e abbiamo ancora occasioni di guerra, ma stiamo anche faticosamente imparando a non usarle (…) E’ su questo terreno che si giocherà la pratica decisiva.”


Un nuovo Uomo a “Propria” immagine e somiglianza

La terza rivoluzione: “la rivoluzione industriale si è esaurita, e stiamo entrando in un terzo tempo, che è quello della rivoluzione tecnologica. Questa terza rivoluzione, dice Schiavone, ha il compito di traghettarci in un regime dove la separazione tra vita e intelligenza – tra natura e cultura – verrà definitivamente superata: “Le basi naturali della nostra esistenza smetteranno presto di essere un presupposto immodificabile dell’agire umano, e diventeranno un risultato storicamente determinato della nostra cultura.”



Il nuovo ordine che va via via definendosi è un ordine tecnologico, governato dall’informatica (con l’intelligenza artificiale e i computer quantistici) e, appunto, dalla biologia, con il controllo e la replica dei meccanismi evolutivi dei viventi. La strada intrapresa dalla biologia è quella del salto di specie, della compenetrazione tra l’umano e il non umano. Quando questo avverrà – il momento è più vicino di quanto si può credere – la dimensione “naturale” sarà andata perduta a favore di quella “culturale”. (…) Stiamo per guardare in noi stessi, e decidere cosa vogliamo diventare”. Con la tecnica faremo concorrenza alla selezione naturale, continua Schiavone, e abbatteremo definitivamente il confine tra naturale e artificiale. (…) Credo che la generazione a cui appartengo e quella dei suoi figli saranno fra le ultime a fare i conti con l’esperienza della morte, almeno nei termini in cui la nostra specie l’ha incontrata finora (…) Fin dove spingere la propria vita (…) diventerà probabilmente una scelta soggettiva, in rapporto ai costi sociali della sua durata (…) Queste trasformazioni non sono futuribili, sono qui (…).”

Una nuova Politica: la politica è in crisi perchè sente la vita che gli sfugge. Ha perduto i grandi sistemi ideologici messi a punto fra il XVIII e XX secolo (…). E’ la nuova tecnologia con la rete di potere che determina la qualità dei nostri bisogni e dei nostri desideri. La politica le arranca dietro, in affanno: non riesce a guidare una rivoluzione cui non sente di partecipare (…). La politica non è una forma eterna (…) e tanto meno è una forma definitiva la democrazia”, ma poi, aggiunge Schiavone: ” tuttavia non si riesce ancora a veder nulla oltre (…). Forse più avanti.”

Una nuova Etica:prima ancora della politica, la rivoluzione ha bisogno di Etica (…) di un Etica che sappia trovare il Divino nell’accrescersi delle facoltà dell’umano e non nella sacralità della natura (…) che accolga le responsabilità e non le respinga; che non rifiuti l’aumento illimitato di potenza, ma ne determini gli obiettivi (…) che cerchi le sue leggi non nella natura, ma nell’Intelligenza e nell’Amore (…). Abbiamo bisogno di un nuovo Umanesimo, conclude Schiavone, e questa, “sarà la grande sfida cui dovremo dare una risposta: e sarà il discrimine fra chi guarda al nuovo come un’occasione di emancipazione e di riscatto, e chi lo vede invece solo come un’opportunità di profitto.